Discussione:
La benevolenza del grandi produttori.
(troppo vecchio per rispondere)
Marco V.
2024-02-21 21:14:30 UTC
Permalink
Qual è la migliore argomentazione a favore del libero mercato, cioè di quella situazione in cui i produttori privati sono liberi (sotto certe regole) di piazzare le loro mercanzie? Presto detto, è ancora quella di Adam Smith:

<<Non è certo dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dal fatto che essi hanno cura del loro interesse. Noi non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro egoismo e con loro non parliamo mai delle nostre necessità, ma dei loro vantaggi. Nessuno che non sia un mendicante sceglie mai di dipendere soprattutto dalla benevolenza dei suoi concittadini, e pesino un mendicante non dipende esclusivamente da essa>>
[da "La ricchezza delle nazioni"].

Eppure oggi i *grandi* produttori, il cui mercato si estende quanto l'umanità (in particolare, perciò, i giganti del web; ad esempio Google), destinano ingenti risorse economiche, superiori a quelle di cui dispongono le nazioni più piccole, alla cosiddetta "beneficenza". Su che cosa questo significhi e sul perché lo facciano non esistono certezze ma solamente interrogativi, come spesso accade quando si prendono in considerazione i fini dell'agire altrui (e a volte anche i propri). Quello che però importa è che questa condotta tende a generare una rappresentazione del capitalismo in base alla quale "il nostro pranzo" - cioè, in senso allargato, il benessere sociale - viene precisamente a dipendere dalla benevolenza dei produttori, in contraddizione con l'immagine fissata da Adam Smith. Per respingere questa conclusione dovremmo cambiare la descrizione di quella condotta, sostituendo il termine "beneficenza" (ed equivalenti), connotato altruisticamente, con qualche altro riconducibile all'"egoismo del macellaio" e al contempo in grado di esprimere la finalità ultima. Ma anche con questa sostituzione, la condotta rimarrebbe dipendente dalla apparenza della sua finalità benefica: i grandi produttori avrebbero bisogno che la gente creda che stanno facendo beneficenza, e questo rimarrebbe ancora senza spiegazione. Dobbiamo allora concludere che i grandi produttori ci hanno messi nella posizione di mendicanti? Ma poi, possiamo davvero considerare "concittadini" questi produttori dalla cui benevolenza solamente il mendicante vorrebbe dipendere?

Un saluto (per un'ultima volta, da google gruppi),

Marco
pcf ansiagorod
2024-02-21 22:11:40 UTC
Permalink
Post by Marco V.
propri). Quello che però importa è che questa condotta tende
a generare una rappresentazione del capitalismo in base alla
quale "il nostro pranzo" - cioè, in senso allargato, il
benessere sociale - viene precisamente a dipendere dalla
benevolenza dei produttori, in contraddizione con l'immagine
fissata da Adam Smith.
Un'originale forma di evergetismo 2.0, come si suol dire. Lo
dico scherzando ma non troppo, qualche parallelo (inquietante,
temo) penso si possa fare.

E così anche io saluto per una sorta di 'ultima volta' ignaro
se a quest'ora chi legge da google gruppi possa vedere il post.
Boh!
Loris Dalla Rosa
2024-02-23 10:51:00 UTC
Permalink
Post by Marco V.
propri). Quello che però importa è che questa condotta tende a
generare una rappresentazione del capitalismo in base alla quale "il
nostro pranzo" - cioè, in senso allargato, il benessere sociale -
viene precisamente a dipendere dalla benevolenza dei produttori, in
contraddizione con l'immagine fissata da Adam Smith.
Un'originale forma di evergetismo 2.0, come si suol dire. Lo dico
scherzando ma non troppo, qualche parallelo (inquietante, temo) penso si
possa fare.
Penso che tu possa dirlo anche seriamente. Pratica antica, che puo'
avere forme diverse, anche quella testamentaria: una verita' storica,
rielaborata nella retorica di una sublime forma letteraria:

Antonio: Ascoltatemi ancora, compatrioti; ancora uditemi parlare.
I Cittadino: Silenzio, oh! Udite Antonio, il nobilissimo Antonio.
Ant. Amici, voi andate a fare non sapete che cosa. In che ha Cesare
meritato il vostro amore? Ahimè, non sapete: debbo dirvelo allora: avete
dimenticato il testamento di cui vi parlavo.
I Citt. Verissimo, il testamento: restiamo ad udire il testamento.
Ant. Ecco il testamento, e col sigillo di Cesare: ad ogni cittadino
romano egli dà, ad ognuno individualmente, settantacinque dracme.
2° Citt. Nobilissimo Cesare! Vendicheremo la sua morte.
3° Citt. O regale Cesare!
Ant. Ascoltatemi con pazienza.
I Citt. Zitti, oh!
Ant. Inoltre, egli vi ha lasciato tutti i suoi passeggi, le sue private
pergole e gli orti nuovamente piantati, al di qua del Tevere; egli li ha
lasciati a voi ed ai vostri eredi per sempre: pubblici luoghi di
piacere, per passeggiare e per divertirvi. Questo era un Cesare! Quando
ne verrà un altro simile?
1° Citt. Giammai, giammai! Venite, via, via! Bruceremo il suo corpo nel
luogo santo, e con i tizzoni incendieremo le case dei traditori.
Raccogliete il corpo.
2° Citt. Andate a prendere il fuoco.
3° Citt. Abbattete le panche.
4° Citt. Abbattete i sedili, le finestre, ogni cosa.
(Shakespeare, "Giulio Cesare")
E così anche io saluto per una sorta di 'ultima volta' ignaro se a
quest'ora chi legge da google gruppi possa vedere il post. Boh!
Constato che con oggi Google gruppi ha chiuso.
Un saluto,
Loris
--
Questa email è stata esaminata alla ricerca di virus dal software antivirus Avast.
www.avast.com
Marco V.
2024-02-23 18:56:57 UTC
Permalink
Post by Marco V.
propri). Quello che però importa è che questa condotta tende a generare una
rappresentazione del capitalismo in base alla quale "il nostro pranzo" -
cioè, in senso allargato, il benessere sociale - viene precisamente a
dipendere dalla benevolenza dei produttori, in contraddizione con
l'immagine fissata da Adam Smith.
Un'originale forma di evergetismo 2.0, come si suol dire. Lo dico scherzando
ma non troppo, qualche parallelo (inquietante, temo) penso si possa fare.
Già. C'è anche un'altra opzione interpretativa, che fa riferimento non
direttamente alla realtà sociale del mondo antico ma al suo patrimonio
mitologico: il titanismo. La ritengo valida, per lo meno perché ci
permette di mettere le mani sul carattere "contestatario" della
filantropia. Qui, a mio avviso, il punto decisivo, che si incrocia con
l'aspetto che si lascia interpretare come "evergetismo" (lett. "agire
benefico"). Magari ne riparliamo.

Continua a leggere su narkive:
Loading...