Post by Davide PioggiaPost by uahlimDevi usare un linguaggio formale e rigoroso, tutto qui.
Guarda, mi ero messo a fare i "disegnini" solo per illustrare il mio
ragionamento con una "interfaccia amichevole". Ma se vuoi il rigore allora
torniamo nel modo più rigoroso possibile all'inizio di tutto questo
No, facciamo un passo ancora piu' indietro, torniamo alla tua definizione
di contesto intensivo, un contesto in cui non valgono quelle proposizioni
sulle proprieta'.
La definizione presuppone che esistano enti dotati di significato e che
questi enti possano essere rapportati tra loro con un segno di uguaglianza.
La tua definizione e' una definizione di contesto o di uguaglianza?
Per me la relazione di eguaglianza e' anzitutto una relazione di
equivalenza, ossia mi interessa sapere se a=b proprio per sapere se posso
sostituire a con b ottenendo gli stessi effetti sul resto del sistema,
quindi in realta' per me a=b non significa nient'altro che per ogni
proprieta' P considerata nel contesto Pi(a)=Pi(b), allora a=b.
Quindi mi pongo proprio dal punto di vista opposto, nel sistema che mi hai
citato tu per me semplicemente non e' vero che Omero=autore dell'Odissea.
Posso affermare P(Omero,e',autore dell'Odiessea)=vero ma non che
Omero=autore dell'Odissea.
Proprio perche' quel concetto di eguaglianza non esprime equivalenza dei
due termini nel sistema considerato.
Ma bada che dicendo questo non ti sto dicendo un qualcosa che abbia un
senso di verita', ma solo che io definisco uguaglianza nel contesto un
qualcosa che mi indichi l'equivalenza, la sostituibilita' senza che le
altre parti del sistema ne risentano.
Post by Davide Pioggia1)
Quella sostituzione *si può* o *non si può* fare?
Se la sostituzione non si puo' fare Omero<>autore dell'Odissea anche se
Omero e' l'autore dell'Odissea.
Post by Davide PioggiaIn matematica se
f(a) = 0
e
a=b
allora è anche
f(b) = 0
Ora, vale nel linguaggio sempre e comunque qualcosa di analogo?
Cioè, se
P(a) = .T.
e
a = b
allora è anche
P(b) = .T.
?
Per come la vedo io si', nel senso che per come la vedo io se questo non
vale semplicemente il segno che si usa, ossia l'uguale, non e' un vero
segno di uguaglianza.
Se vuoi e' un po' la faccenda di uno nessuno e centomila di Pirandello.
Post by Davide Pioggiaa = autore dell'Odissea
P(a) = Emilio non crede che l'autore dell'Odissea fosse cieco
Se noi abbiamo
autore dell'Odissea = Omero
allora *segue* necessariamente o *non segue* da queste premesse che
P(Omero) = Emilio non crede che Omero fosse cieco
Deve seguire necessariamente P(Omero) se Omero=autore dell'Odiessea.
Ma per essere Omero=autore dell'Odissea non e' sufficiente che Omero sia
l'autore dell'Odissea, ma che Emilio sappia che Omero e' l'autore
dell'Odissea. E se non lo sa? Se non lo sa Omero<>autore dell'Odissea
anche se Omero e' l'autore dell'Odissea. Lo e' ma non in tutto l'universo
considerato, ossia non lo e' nella testa di Emilio e quindi non vale
l'uguaglianza.
Tu credi che se un americano pensa Bush is a great president ed un
italiano pensa Bush e' un grande presidente stiano pensando la stessa cosa
o no?
Anche se non sanno che great president si traduce con grande presidente e
viceversa?
Nell'esempio poi di Omero, noi di Omero non sappiamo nulla in realta'.
Dire Omero e' cieco non e' una frase dotata di senso se dietro a
quest'Omero non si individua una persona.
Ma che cos'e' una persona? In realta' e' un insieme di comportamenti ossia
di proprieta' verso le altri parti del sistema.
Se io sostituissi completamente gli atomi di una persona e facessi in modo
che la persona continui ad apparire con la stessa struttura esterna e con
gli stessi comportamenti e quindi a me apparisse come una persona con gli
stessi ricordi, una persona EQUIVALENTE, per me sarebbe REALMENTE la
stessa persona.
In realta' poi vale panta rei, ma allora perche' noi pensiamo in termini
di enti che sono individuati e sono uguali nel tempo? Perche' non
consideriamo tutte le proprieta' ma solo un certo numero, se la
rassomiglianza si mantiene maggiore di un tot noi consideriamo nel tempo
l'oggetto o la persona uguali.
Post by Davide PioggiaIo dico che non segue necessariamente, perché ci sono dei *controesempi*,
Io invece dico di no, ma non dico che hai torto, ma solo che io enfatizzo
il comportamento rispetto ad altro, e per me se il comportamento nel
sistema e' diverso tra due oggetti i due oggetti non sono uguali per
quello che considero io l'uiguaglianza, tutto qui.
Perche' per me e' quello il significato di uguale, non altro.
Ed e' molto psicologico, dipende tutto dagli aspetti a cui io sono
interessato capire se due oggetti tra loro sono uguali o no.
Se il fine e' indagare sulle convinzioni della gente e non sui fatti
storici per me Omero<>autore dell'Odissea, proprio perche' non e' cosi'
nella testa di Emilio ed io indago dei fenomeni che avvengono nella sua
testa e non solo su quello che Omero e l'autore dell'Odissea hanno fatto
nel reale.
Se invece il campo di indagini e' solo la convinzione generale ufficiale
allora Omero=autore dell'Odissea.
E questo perche' per me il cosiddetto reale non ha una priorita' rispetto
al resto.
Ti faccio un altro esempio: per me due copie della divina commedia sono
uguali quando parlo di versi e poesia, anche se una e' scritta in un libro
da 5 euro ed un'altra in un incunabolo.
Ma se parlo di investimenti d'arte no.
Ma sono gli aspetti che studio che mi indicano l'uguaglianza, se studio i
fenomeni nel cervello di Emilio ovvio che anche la presentazione puo'
avere importanza e non solo il riferito storico.
Spero di aver chiarito la mia posizione terminologica in merito
all'uguaglianza.
Ah, ho letto la recensione di Orilia:
http://www.swif.uniba.it/lei/recensioni/crono/2003-06/orilia.htm
La penso cosi':
Alexius Meinong, le cui posizioni espresse dalla sua "teoria degli
oggetti" sono chiaramente riconducibili ad un punto di vista realista,
vuole considerare gli oggetti a prescindere dal fatto che siano dotati, o
meno, di essere. Orilia così sintetizza le intenzioni dell'autore
austriaco: "Possiamo quindi attribuire a Meinong il principio
dell'uniformità del pensiero e del linguaggio [...], ossia il principio
secondo il quale possiamo pensare e parlare allo stesso modo sia riguardo
a ciò che esiste che a ciò che non esiste. In altri termini, sia quando
pensiamo al cavallo Varenne (un oggetto esistente), sia quando pensiamo al
cavallo Pegaso (inesistente) siamo in relazione con un oggetto [...]. E in
entrambi i casi il linguaggio ci permette di parlarne allo stesso modo,
cioè utilizzando un termine singolare." (p. 84).
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Per me l'universo ha un senso proprio perche' e' privo di significati.
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