LordBeotian
2008-04-07 07:46:15 UTC
Nota preliminare: per "coscienza" nel seguito intendo l' esperienza
soggettiva vista dall'interno del soggetto. Non va confusa con
l'autocoscienza (la coscienza di sè) ed è qualcosa di comune a uomini e
animali.
La coscienza pone un problema alla nostra conoscenza del mondo, un problema
apparentemente al di fuori del dominio della scienza.
Noi sperimentiamo la coscienza in noi e inferiamo l'esistenza di una
coscienza nelle altre persone e negli animali a noi più simili sulla base di
analogie fisiche. Sulla base delle nostre conoscenze sappiamo che la
coscienza che sperimentiamo è collegata con il cervello.
Sappiamo anche che il mondo è governato da leggi fisiche deterministiche e
(al livello subatomico) probabilistiche e presumiamo che queste leggi
(integrate tra loro) siano sufficienti a rendere conto di tutto ciò che
vediamo nel mondo. Queste leggi tuttavia non parlano mai di "coscienze",
descrivono in termini matematici quelli che sono i comportamenti che ci
aspettiamo di vedere con i nostri sensi, e i nostri sensi non vedono le
coscienze.
Ci ritroviamo quindi con due possibili descrizioni del cervello: una
dall'interno (la coscienza, ciò che "prova") ed una dall'esterno (le leggi
fisiche che determinano quel particolare comportamento). All'interno c'è un
soggetto che prova senzazioni ed emozioni e prende decisioni di muovere
questa o quella parte del corpo nel modo che presume lo faccia stare meglio.
All'esterno c'è una rete di comunicazioni elettriche che ricevono segnali in
input e producono movimenti corporei in output. Il risultato è comunque lo
stesso: il corpo si comporta in modo da preservare un certo stato di attività
e di riprodursi.
Ora uno si può domandare: a che serve che ci sia un "interno", che ci sia
qualcuno che sperimenta sensazioni se tanto le leggi fisiche bastano e
avanzano?
La risposta che voglio esaminare qui è la seguente:
la proprietà fondamentale della materia è la coscienza e le leggi fisiche
sono solamente proprietà emergenti dal comportamento statistico di tanti
comportamenti prodotti da tante coscienze "elementari"
Più precisamente l'ipotesi che faccio è la seguente:
1) esistono "unità elementari" di materia che ricevono sensazioni e prendono
decisioni esattamente come facciamo noi: le sensazioni sono prodotte dalla
materia circostante e le decisioni portano ad un mutamento fisico nello
"stato" dell'unità elementare
2) questo comportamento su larga scala da' luogo a dinamiche "di gruppo" da
cui emergono le leggi fisiche deterministiche a noi note
3) "noi" siamo unità elementari di materia che riceviamo sensazioni molto
sofisticate grazie all'interazione con un sistema molto complesso di unità di
materia, le nostre "decisioni" di mutare il nostro "stato fisico" inoltre
innescano una catena di reazioni che hanno come risultato finale quello di
farci muovere, richiamare ricordi, fare calcoli.
Qui però sorgono alcuni problemi:
1) Cosa costituisce una "unità elementare di materia" nel senso suddetto? Una
particella elementare? Un sistema quantistico "entangled"? Dobbiamo dunque
assumere che la meccanica quantistica sia rilevante nel funzionamento del
cervello (vedi http://en.wikipedia.org/wiki/Quantum_mind)? Oppure dobbiamo
accettare l'ipotesi del "cervello olografico" in cui ogni parte condivide
l'informazione del tutto (vedi
http://en.wikipedia.org/wiki/Holonomic_brain_theory)?
2) I principali motori della mente sembrano essere la "piacevolezza" o la
"spiacevolezza" delle sensazioni. Alla domanda "perchè la natura non si
limita a far muovere un organismo in modo utile in accordo con le leggi
fisiche ma gli fa provare delle sensazioni piacevoli o spiacevoli?" la
risposta può essere che è esattamente questo il modo in cui le leggi fisiche
producono il movimento, cioè tramite sensazioni piacevoli e spiacevoli. Ma la
faccenda posta così non è del tutto chiara: noi uomini siamo dotati di
memoria ed elaborazione per cui possiamo "calcolare" il comportamento che è
più appropriato per stare meglio e decidere cosa fare su tale base. Ma una
unità di materia - che non può disporre di una rete di connessioni che
elabori un tale calcolo - come si presume che dovrebbe reagire a sensazioni
piacevoli e spiacevoli? In che modo dovrebbe mutare o no il proprio "stato"?
3) Quali meccanismi fisici dovrebbero essere alla base della piacevolezza o
spiacevolezza di una sensazione? Perdita/guadagno di energia? Presenza di
campi di forze? C'è una differenza sostanziale tra i meccanismi fisici che
producono sensazioni piacevoli o spiacevoli nell'uomo che possa essere
generalizzata anche ad altri casi?
Che ne pensate?
soggettiva vista dall'interno del soggetto. Non va confusa con
l'autocoscienza (la coscienza di sè) ed è qualcosa di comune a uomini e
animali.
La coscienza pone un problema alla nostra conoscenza del mondo, un problema
apparentemente al di fuori del dominio della scienza.
Noi sperimentiamo la coscienza in noi e inferiamo l'esistenza di una
coscienza nelle altre persone e negli animali a noi più simili sulla base di
analogie fisiche. Sulla base delle nostre conoscenze sappiamo che la
coscienza che sperimentiamo è collegata con il cervello.
Sappiamo anche che il mondo è governato da leggi fisiche deterministiche e
(al livello subatomico) probabilistiche e presumiamo che queste leggi
(integrate tra loro) siano sufficienti a rendere conto di tutto ciò che
vediamo nel mondo. Queste leggi tuttavia non parlano mai di "coscienze",
descrivono in termini matematici quelli che sono i comportamenti che ci
aspettiamo di vedere con i nostri sensi, e i nostri sensi non vedono le
coscienze.
Ci ritroviamo quindi con due possibili descrizioni del cervello: una
dall'interno (la coscienza, ciò che "prova") ed una dall'esterno (le leggi
fisiche che determinano quel particolare comportamento). All'interno c'è un
soggetto che prova senzazioni ed emozioni e prende decisioni di muovere
questa o quella parte del corpo nel modo che presume lo faccia stare meglio.
All'esterno c'è una rete di comunicazioni elettriche che ricevono segnali in
input e producono movimenti corporei in output. Il risultato è comunque lo
stesso: il corpo si comporta in modo da preservare un certo stato di attività
e di riprodursi.
Ora uno si può domandare: a che serve che ci sia un "interno", che ci sia
qualcuno che sperimenta sensazioni se tanto le leggi fisiche bastano e
avanzano?
La risposta che voglio esaminare qui è la seguente:
la proprietà fondamentale della materia è la coscienza e le leggi fisiche
sono solamente proprietà emergenti dal comportamento statistico di tanti
comportamenti prodotti da tante coscienze "elementari"
Più precisamente l'ipotesi che faccio è la seguente:
1) esistono "unità elementari" di materia che ricevono sensazioni e prendono
decisioni esattamente come facciamo noi: le sensazioni sono prodotte dalla
materia circostante e le decisioni portano ad un mutamento fisico nello
"stato" dell'unità elementare
2) questo comportamento su larga scala da' luogo a dinamiche "di gruppo" da
cui emergono le leggi fisiche deterministiche a noi note
3) "noi" siamo unità elementari di materia che riceviamo sensazioni molto
sofisticate grazie all'interazione con un sistema molto complesso di unità di
materia, le nostre "decisioni" di mutare il nostro "stato fisico" inoltre
innescano una catena di reazioni che hanno come risultato finale quello di
farci muovere, richiamare ricordi, fare calcoli.
Qui però sorgono alcuni problemi:
1) Cosa costituisce una "unità elementare di materia" nel senso suddetto? Una
particella elementare? Un sistema quantistico "entangled"? Dobbiamo dunque
assumere che la meccanica quantistica sia rilevante nel funzionamento del
cervello (vedi http://en.wikipedia.org/wiki/Quantum_mind)? Oppure dobbiamo
accettare l'ipotesi del "cervello olografico" in cui ogni parte condivide
l'informazione del tutto (vedi
http://en.wikipedia.org/wiki/Holonomic_brain_theory)?
2) I principali motori della mente sembrano essere la "piacevolezza" o la
"spiacevolezza" delle sensazioni. Alla domanda "perchè la natura non si
limita a far muovere un organismo in modo utile in accordo con le leggi
fisiche ma gli fa provare delle sensazioni piacevoli o spiacevoli?" la
risposta può essere che è esattamente questo il modo in cui le leggi fisiche
producono il movimento, cioè tramite sensazioni piacevoli e spiacevoli. Ma la
faccenda posta così non è del tutto chiara: noi uomini siamo dotati di
memoria ed elaborazione per cui possiamo "calcolare" il comportamento che è
più appropriato per stare meglio e decidere cosa fare su tale base. Ma una
unità di materia - che non può disporre di una rete di connessioni che
elabori un tale calcolo - come si presume che dovrebbe reagire a sensazioni
piacevoli e spiacevoli? In che modo dovrebbe mutare o no il proprio "stato"?
3) Quali meccanismi fisici dovrebbero essere alla base della piacevolezza o
spiacevolezza di una sensazione? Perdita/guadagno di energia? Presenza di
campi di forze? C'è una differenza sostanziale tra i meccanismi fisici che
producono sensazioni piacevoli o spiacevoli nell'uomo che possa essere
generalizzata anche ad altri casi?
Che ne pensate?