Post by Marco V."Signor K."
Post by Luciano1) le specie animali non sono sorte tutte insieme
2) non sono rimaste immutate fino a oggi
3) i cambiamenti evolutivi sono prodotti dalla selezione dell'ambiente
Le teorie 1) e 2) sono oggi accettate da tutti, anche dalla Chiesa.
Questo lo ignoro, in ogni caso sono presupposti condivisibili in un'ottica
esclusivamente evoluzionista.
Beh, 1) e 2) vengono accettati come dei "fatti" (paleologicamente
verificabili: fossili etc.). 3) è l'ipotesi scientifica che si propone di
rendere conto, cioè di fornirne una spiegazione, di quei fatti. In quanto
ipotesi - asserto cioè che non riesce a stabilire una relazione logica con
1) e 2) - la 3) è respingibile.
Se non fosse "respingibile" (direi, "falsificabile"), non sarebbe neanche
un'ipotesi scientifica, non credi? In ogni caso, come scrivevo
precedentemente, la Chiesa può anche accettare i punti 1) e 2), nessuno
glielo vieta (sarebbe carino sapere che interpretazioni ne danno), ma questo
non importa.1) e 2) possono essere accettati (e lo sono) in un'ottica
esclusivamente evoluzionista, senza che si faccia riferimento ad entità
soprannaturali.
La questione è, d'altro canto, capire se la 3) possa essere accettata
rispetto alle altre due: il creazionismo o il fissismo. La speciazione e
l'estinzione, come saprai, confutano nettamente il fissisimo. Per quanto
riguarda il creazionismo per ora non è confutabile, ma è ragionevole
pensare, visto i dati di cui disponiamo, che l'evoluzionismo darwiniano sia
più valido. Perlomeno spiega in modo chiaro la formazione dell'ecosistema e
l'insieme di fatti numericamente rilevanti, senza dover far riferimento
necessariamente ad altri concetti oscuri.
Post by Marco V.In teoria la Chiesa potrebbe, sul piano puramente logico, respingere anche
1) e 2) (e lo potrebbe fare facendosi "relativista" quando conviene: gli
asserti 1) e 2) sono, da ultimo, costruzioni teoriche anch'essi, non
conclusivamente validabili da alcuna "evidenza"). Ma delle possibilità
puramente "logiche" non sempre conviene avvalersi, nel mondo
storico-linguistico...
E rimane comunque innegabile - per quanto la scienza possa pensare di
utilizzare future (ma in parte, secondo alcuni, già disponibili) "evidenze
sperimentali" per trasformare la 3) in un asserto "fattuale" - la differenza
che separa la 1) e la 2) dalla 3). La 1) e la 2) implicano logicamente la
negazione del "fissismo", ma non del "creazionismo" simpliciter: è
sufficiente che il "creatore" si trasformi in un "progettista
intelligente":-), e 1) e 2) smettono di falsificare simpliciter il
"creazionismo". 3), invece, dà grossi grattacapi al "creazionismo", se il
"creatore" è anche un pilota dell'universo creato, perché 3) incorpora la
nozione di "caso".
Condivido la tua analisi. Come ti dicevo non mi sono mai interessato della
posizione della Chiesa nei confronti dell'evoluzionismo, se non in modo
superficiale.
Post by Marco V.la speciazione (cioè, quel processo evolutivo che porta alla
differenziazione specie specifica di un gruppo di individui rispetto ad un
altro gruppo di individui) non è causata dalla variazione genetica, la
quale presa in sé, ossia *isolatamente*, non ha alcuna funzione nella
speciazione.
Interessante questione, quella della definizione di "speciazione" e,
conseguentemente, di "specie".
Se ho capito bene, per te la speciazione non può essere causata dalla
variazione genetica, perché è la configurazione dell'ambiente a decidere il
valore adattativo della variazione genetica stessa: la stessa variazione
genetica potrebbe avere un significato evolutivo nullo in un determinato
ambiente, ed un valore adattativo in un altro ambiente. Ma perché un
determinato gruppo di individui si stabilisca come "specie", è richiesta o
no la comparsa dell'isolamento riproduttivo? Come sai, lo è. La definizione
proposta da Ernst Mayr ["Storia del pensiero biologico", Bollati
<<Una specie è una comunità riproduttiva di popolazioni (isolate
riproduttivamente da altre) che occupa una nicchia specifica in natura>>.
Dobbiamo fare maggiore chiarezza a riguardo. Sono d'accordo che la
speciazione abbia come causa l'isolamente riproduttivo di un gruppo di
individui di una determinata specie. E d'altra parte se non fossero della
*stessa* specie, questi individui non potrebbero neanche riprodursi. Una
specie infatti è un insieme di individui che possono riprodursi
isolatamente. Ma è chiaro che la speciazione non può ridursi semplicemente
al mero isolamente riproduttivo, occorre anche che, affinché la specie
mostri delle caratteristiche sostanzialmente differenti rispetto a quelle di
un'altra specie (diciamo quella di "partenza"), ci sia una selezione
naturale che veda coinvolti sia il pool di geni con variazioni genetiche che
le condizioni ambientali. Naturalmente sarà un concatenamento di eventi
casuali a "selezionare" gli individui e il loro pool genetico.
Mayr in questo senso è stato molto chiaro, ecco cosa dice [Biologia ed
evoluzione, Bollati Boringhieri, ed. 1982, pp. 102-103] riguardo alla
speciazione:
«Il problema più importante nel campo della microdiversità è quello della
molteplicazione della specie, cioè dell'origine di nuove popolazioni isolate
dal punti di vista della riproduzione [la definizione di "specie" di Mayr].
Esso è stato risolto [...] dalla teoria della speciazione geografica,
secondo la quale le nuove specie traggono origine non da salti improvvisi ma
dalla graduale ricostituzione di popolazione geograficamente isolate .Questa
ricostituzione genetica si attua sotto il controllo costante della selezione
naturale. Quando il processo è compiuto, la popolazione della nuova specie
ha acquisito tanto il suo nuovo adattamento ecologico che i necessari
meccanismi d'isolamento protettivo».
Mi sembra pertanto che la tua osservazione fosse solo un'appendice a ciò che
ho sostenuto nel post precedente. Sicuramente ben accetta anche perché il
concetto di "speciazione geografica" deve partire necessariamente da quello
di specie, intesa come un insieme di individui isolati riproduttivamente: né
più né meno. La variazione genetica, pertanto, in sé non ha alcuna funzione
nell'evoluzione, ma ne assume una, di funzione, solo in relazione alle
condizioni ambientali. E' noto, inoltre, che ci sono variazioni genetiche
del tutto inutili per il fenotipo ma che, magari col passare del tempo,
possono diventarlo (vedi la spiegazione della comparsa di "nuovi organi"
dello stesso Mayr).
Post by Marco V.Ma la comparsa dell'isolamento riproduttivo è basato o no su una variazione
genetica? E se la comparsa dell'isolamento riproduttivo è basata su una
varazione genetica, ciò è sufficiente ad affermare che la speciazione è
causata da una variazione genetica? Sono queste, le due domande alle quali
dovremmo rispondere. La risposta alla prima domanda è positiva. La risposta
alla seconda domanda sembra essere immediatamente negativa, se facciamo
valere il fatto che nella definizione di "specie" sopra utilizzata, è
presente una componente "ecologica" (la "nicchia specifica"). Tuttavia, sono
noti casi "speciazione istantanea". Si può obiettare che l'esistenza di una
"speciazione istantanea", essendo molto poco frequente in natura, non può
essere usata per dedurre che la speciazione sia causata da una variazione
genetica. E allora la questione diviene quella di determinare il significato
della comparsa dell'isolamento riproduttivo. Perché si possa negare che la
variazione genetica è causa della speciazione, occorre poter negare che il
significato della acquisizione dell'isolamento riproduttivo da parte di una
*popolazione* di individui si riduca a quello di variazione genetica.
[Darwin] Ipotizzò che in qualche modo la speciazione avviene >quando un
gruppo di individui di una specie è isolato geograficamente da un >altro
gruppo della stessa specie in un'ambiente che presenta caratteristiche
o meno differenti. In questo modo è possibile anche spiegare la
Post by Lucianoramificazione delle specie.
Mayr sottopone, nell'opera citata sopra, ad una penetrante critica la
confusione, di cui fu vittima anche Darwin, tra "isolamento geografico" ed
"isolamento riproduttivo". E' ovvio che se un gruppo di individui A si
separa, per una qualche ragione, geograficamente dal resto (non-A) degli
altri individui rispetto ai quali è reciprocamente fertile, allora tra A e
non-A non vi saranno più accoppiamenti, dunque nessun flusso genico. Ma
questa situazione non corrisponderà all'acquisizione, da parte di A, di un
meccanismo di isolamento *biologico*.
L'isolamento riproduttivo è altrettanto importante dell'isolamento
geografico. Se l'uno non potrebbe avere luogo l'altro. Ma l'isolamento
riproduttivo può aver luogo solo quando c'è un isolamento geografico e non
viceversa. Questo significa almeno due cose: a) la speciazione *deve*
partire da individui che appartenevano alla stessa specie (specie iniziale),
altrimenti non potrebbero riprodursi; b) ha luogo solo quando un gruppo di
individui di una stessa specie sono isolati geograficamente, tanto da
presentare delle variazioni genetiche (conservate dalla "selezione
naturale") che, col passare del tempo, possono cambiare radicalmente il pool
genico, tanto da trasformare la stessa specie. Ecco una spiegazione.
Supponiamo che un gruppo di individui A appartenenti alla specie x (quindi
individui che si possono riprodurre) siano isolati geograficamente.
Ammettiamo ora che A presenti col passare del tempo un numero di variazioni
genetiche che, a causa del nuovo ambiente nei quali vivono, sono conservati
e che non avrebbero mai conservato se vivessero ancora se fossero vissuti
nell'ambiente "d'origine". Ora A, dopo un tot di tempo, mosterà un pool
genetico diverso da quello di origine, tanto da poter essere definita come
caratterizzante la specie y. La nuova specie y sicuramente avrà una parte
del proprio pool genetico ancora "identico" a quello della specie x, ma a
causa dell'isolamento geografico avrà alcuni caratteri fondamentalmente
diversi e caratterizzanti (e il caso, tanto per dirne una, dell'uomo che ha
il 97% del proprio DNA identico a quello degli scimpanzé).
Tra l'altro, questa questione dell'isolamento può essere impiegata anche per
confutare in modo deciso l'idea che a sopravvivere siano i cosiddetti "più
adatti". Supponiamo che un insieme di individui isolati riproduttivamente
(specie) sia suddiviso in due sotto-insiemi: uno numericamente inferiore
composto da individui che mostrano variazioni genetiche più adattative ed
uno numericamente superiore composto da individui che mostrano variazioni
genetiche meno adattative. Supponiamo ora che, a causa di un qualche evento,
gran parte degli individui che presentano caratteristiche più adattative si
allontanino geograficamente, sebbene l'ambiente nuovo nel quale vivranno è
sostanzialmente identico a quello vecchio. Che cosa potrebbe accadere? Gli
individui che avranno caratteristiche più adattative (i cosiddetti "più
adatti") ora saranno isolati geograficamente, tuttavia non avranno a
disposizione (per riprodursi) individui che presentano caratteristiche meno
adattive. Saranno così costretti a copulare e riprodursi tra di loro, anche
tra parenti. Accadrà che, nell'arco di poche generazioni, tutti gli
individui più adattativi saranno imparentati tra di loro (visto il numero
esiguo di partenza). Questo cosa significa? Come sai un gruppo di individui
imparentato che si riproduce senza accogliere, per così dire, "nuovi"
individui al suo interno è destinato, nel corso di qualche generazione, a
diventare "sterile" (questa fu un'osservazione fatta a suo tempo già da
Mendel il quale notò che dopo una serie di incroci le piante diventavano
sterili, ma che è presa in seria considerazione anche dagli antropologi che
studiano le cosiddette "società chiuse", quelle che non ammettono
l'inserimento di nuovo individui, le quali sembrerebbero essere destinate
all'estinzione; in questo senso, ad esempio, si può spiegare la crisi
demografica che attanagliò la città di Sparta nel III sec. a. C. e gli
spartiati, una delle cause della loro caduta)! Pertanto la caratteristica
più adattative non garantisce neanche la sopravvivenza del "più adatto",
tant'è che il più adatto se diventa sterile, a causa del numero esiguo di
individui con cui può riprodursi, non potrà portare avanti il proprio pool
genetico più adattativo.
Infine, il problema della "speciazione istantanea" è ancora molto aperto. Si
tratta di un concetto molto caro ad alcuni biologi come Gould e filosofi
come Chomsky. Ammettere una speciazione istantanea significherebbe minare al
suo interno l'evoluzionismo, il quale invece ammette solamente un processo
graduale privo di "salti" (in tal senso l'evoluzionismo rispetta e fa
proprio il principio leibniziano del "natura non facit saltus). Tutto
dipende da cosa intendiamo per "istantaneo". Dobbiamo infatti ricordare e
tener ben presente che parliamo pur sempre di epoche geologiche e
l'istantaneo in epoche geologiche equivale pur sempre a millenni.
In realtà sia Mayr che Dennett hanno osservato che i cambiamenti genetici
avvengono sicuramente in modo graduale, ma non nel senso di progressivo e
stabile. Ci sono momenti di "secca", in cui, a causa delle condizioni
ambientali più o meno stabili, non si registrano variazioni genetiche
rilevanti (nel senso che i singoli organismi possono certamente presentarle,
ma essendo del tutto "inutili" all'adattamento o cadranno nell'oblio o
rimarranno come "appendici" inutilizzate dei vari fenotipi). Si è poi notato
che, in certi periodi geologici, ci sia stata una sorta di «esplosione
genetica», cioè la registrazione di numerose variazioni genetiche più
adattive che hanno, in breve tempo, caratterizzato nuove specie. Questo è
spiegabile in termini sempre naturalistici: nei suddetti periodi geologici
gli organismi viventi sono sottoposti ad uno stress ambientale molto
pressante, tale da "velocizzare" la selezione naturale. Tale aumento di
velocità della selezione naturale ci appare, nell'arco di millenni, come una
serie di cambiamenti genetici ed evolutivi (nella quale rientra anche il
processo di speciazione) "istantaneo". Ma il fatto che solo alcune specie ne
sono state soggette ci fa ipotizzare almeno tre cose: 1) in periodi di
stressa ambientali moltissime specie non hanno la fortuna di trovare il
ticket genetico "giusto" nella lotteria delle variazioni genetiche e
pertanto sono destinate all'estinzione rapida; 2) quelle poche specie che
hanno la fortuna di ricevere il ticket giusto presenteranno dei cambiamenti
sia genotipici che fenotipici alquanto radicali; 3) altre specie non sono
state coinvolte in questo processo di evoluzione "istantaneo" in quanto non
sono state direttamente coinvolte dallo stress ambientale per diversi motivi
(ad esempio perché geograficamente distanti).
Saluti e grazie per l'intervento che certamente ha arricchito ulteriormente
la discussione,
K.