Discussione:
"La storia è scritta dai vincitori" o "vae victis!"?
(troppo vecchio per rispondere)
Loris Dalla Rosa
2013-10-13 09:40:42 UTC
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Prendo spunto da un'affermazione di "Joseph looking for a manger" in altro
3D, ma apro questo nuovo per cercare di sottrarre lo spunto filosofico a una
polemica gia' ampiamente sviluppata sui giornali, circa un tale che grazie
alla... "crudelta'" dei vincitori ha potuto inanellare 100 anni della sua
miserabile esistenza, concludendola con badante appresso.
Ripetiamo il mantra "la storia la scrivono i vincitori" e "vae victis!".
Ma le due espressioni concettualmente si equivalgono? Non direi.
Certamente "vae victis!" puo'dirlo, anzi esclamare imperativamente, solo il
vincitore. Ma "La storia la scrivono i vincitori" merita una riflessione.
Detto popolarissimo, laconico e scultoreo in stile quasi tacitiano, la cui
origine e' di incerta attribuzione. Alcuni lo attribuiscono perfino al
"perdente" W.Benjamin, morto, ironia della cosa, suicida prima di essere
consegnato ai Tedeschi, all'epoca del pieno "splendore" del terzo Reich. Ma
non e' poi cosi' raro che una cazzata assurga a detto memorabile nella forma
scultorea dello stile tacitiano. Occorre distinguere tra "fare" e "scrivere"
la storia, analizzando, se ne abbiamo voglia di approfondire, la relazione
tra i significati delle due espressioni.
Qui mi limito a fornire un solo esempio di "scrittura", o "ri-scrittura",
della storia, sufficientemente eloquente per quanto voglio dire:
http://it.wikipedia.org/wiki/David_Irving
Non mi risulta che la copiosa produzione saggistica di Irvin sia finita in
un falo' sulle piazze dei vincitori, mentre ho il fondatissimo sospetto che
cio' accadrebbe per i saggi di Benjamin, a parti invertite tra vinti e
vincitori.
Il fatto e' che "scrivere" la storia, in qualche modo e' certo anche un
contribuire a "fare" la storia; pero' l'esercizio della *liberta'* di
"scriverla", anche distorcendola, e' proprio l'attualita' di *questa*
storia. Ma se uno "ri-scrive" con speranza ed intento di *ri-fare* la
storia... eh no! Allora spiacente: vae victis!
Saluti,
Loris
Marco V.
2013-10-13 21:37:54 UTC
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Post by Loris Dalla Rosa
Prendo spunto da un'affermazione di "Joseph looking for a manger" in altro
3D, ma apro questo nuovo per cercare di sottrarre lo spunto filosofico a una
polemica gia' ampiamente sviluppata sui giornali, circa un tale che grazie
alla... "crudelta'" dei vincitori ha potuto inanellare 100 anni della sua
miserabile esistenza, concludendola con badante appresso.
Ripetiamo il mantra "la storia la scrivono i vincitori" e "vae victis!".
Ma le due espressioni concettualmente si equivalgono? Non direi.
Certamente "vae victis!" puo'dirlo, anzi esclamare imperativamente, solo il
vincitore. Ma "La storia la scrivono i vincitori" merita una
riflessione.
Post by Loris Dalla Rosa
Detto popolarissimo, laconico e scultoreo in stile quasi tacitiano, la cui
origine e' di incerta attribuzione. Alcuni lo attribuiscono perfino al
"perdente" W.Benjamin, morto, ironia della cosa, suicida prima di essere
consegnato ai Tedeschi, all'epoca del pieno "splendore" del terzo Reich. Ma
non e' poi cosi' raro che una cazzata assurga a detto memorabile nella forma
scultorea dello stile tacitiano. Occorre distinguere tra "fare" e "scrivere"
la storia, analizzando, se ne abbiamo voglia di approfondire, la relazione
tra i significati delle due espressioni.
Qui mi limito a fornire un solo esempio di "scrittura", o "ri-
scrittura",
Post by Loris Dalla Rosa
http://it.wikipedia.org/wiki/David_Irving
Non mi risulta che la copiosa produzione saggistica di Irvin sia finita in
un falo' sulle piazze dei vincitori, mentre ho il fondatissimo sospetto che
cio' accadrebbe per i saggi di Benjamin, a parti invertite tra vinti e
vincitori.
Il fatto e' che "scrivere" la storia, in qualche modo e' certo anche un
contribuire a "fare" la storia; pero' l'esercizio della *liberta'* di
"scriverla", anche distorcendola, e' proprio l'attualita' di *questa*
storia. Ma se uno "ri-scrive" con speranza ed intento di *ri-fare* la
storia... eh no! Allora spiacente: vae victis!
Rimane però vero che il Tribunale di Norimberga fu, letteralmente (ed
inevitabilmente), un "tribunale dei *vincitori*" (espressione di Jaspers,
che pure tentò una fondazione della "colpa criminale" dei politici e
militari tedeschi, la quale fondazione sottraesse le incriminazioni di
Norimberga al puro "vae victis!" decretato con le armi dai vincitori),
visto che fu composto esclusivamente da giudici nominati dai governi delle
quattro potenze vincitrici. Certamente la forma di società voluta dal
nazismo non solo non prevedeva la libertà di riscrivere la storia, ma
prevedeva esattamente la *negazione* di tale libertà.
Riguardo alla tua conclusione. Il problema sarebbe allora questo: dove
sta...scritto che l'intenzione di chi oggi riscrive la storia è quella di
rifare la storia? La domanda - tenuto anche conto di certo, diciamo così,
fanatismo hitleriano di Irving (questa non la sapevo:
http://snipurl.com/27ze8uf) - sembra veramente oziosa. Tuttavia il punto è
che per una corretta ed oggettiva posizione del problema, che riguarda il
rapporto tra la verità storica e gli ordinamenti giuridici, non dobbiamo
dimenticare che Irving è stato incriminato (e poi incarcerato) dal
paragrafo §3h (introdotto nel 1992) della "Verbotsgesetz 1947", la norma
costituzionale con la quale l'ordinamento giuridico austriaco ha messo
fuori legge il partito nazista. Il paragrafo che ha incriminato il
negazionista Irving, poi incarcerato, recita testualmente:
<<[...]wird auch bestraft, wer in einem Druckwerk, im Rundfunk oder in
einem anderen Medium oder wer sonst öffentlich auf eine Weise, daß es
vielen Menschen zugänglich wird, den nationalsozialistischen Völkermord
oder andere nationalsozialistische Verbrechen gegen die Menschlichkeit
leugnet, gröblich verharmlost, gutheißt oder zu rechtfertigen sucht>>.

Più o meno (mi correggerai tu) il significato è il seguente:
<<[...]è anche punito chi in opere di stampa, trasmissioni radiofoniche,
ovvero pubblicamente in modo che risulti accessibile a molte persone,
nega, minimizza gravemente, approva o cerca di giustificare il genocidio
nazionalsocialista ovvero gli altri crimini nazionalsocialisti contro
l'umanità>>.
Dunque, una norma contenuta in un ordinamento giuridico occidentale
prescrive il divieto delle operazioni pubbliche di: negazione,
minimizzazione, approvazione, tentativo di giustificazione dei crimini
nazisti. La libertà di ri-scrivere la storia (anche distorcendola) del
nazismo implica la possibilità di dover *negare* l'esistenza delle
condotte incriminate a Norimberga? Un ordinamento giuridico proibisce
implicitamente le condotte la cui realizzazione implica la realizzazione
delle condotte esplicitamente da esso sanzionate? Se la risposta a
entrambe queste due domande è sì, allora il paragrafo 3h proibisce
implicitamente la libertà di ri-scrivere la storia. Si deve forse dire che
*se* a Norimberga il giudice si fece anche legislatore, il legislatore
costituzionale del paragrafo 3h si è fatto anche storico?

Cari saluti,

Marco
Loris Dalla Rosa
2013-10-14 13:08:28 UTC
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Post by Marco V.
Post by Loris Dalla Rosa
Il fatto e' che "scrivere" la storia, in qualche modo e' certo anche un
contribuire a "fare" la storia; pero' l'esercizio della *liberta'* di
"scriverla", anche distorcendola, e' proprio l'attualita' di *questa*
storia. Ma se uno "ri-scrive" con speranza ed intento di *ri-fare* la
storia... eh no! Allora spiacente: vae victis!
Rimane però vero che il Tribunale di Norimberga fu, letteralmente (ed
inevitabilmente), un "tribunale dei *vincitori*" (espressione di Jaspers,
che pure tentò una fondazione della "colpa criminale" dei politici e
militari tedeschi, la quale fondazione sottraesse le incriminazioni di
Norimberga al puro "vae victis!" decretato con le armi dai vincitori),
visto che fu composto esclusivamente da giudici nominati dai governi delle
quattro potenze vincitrici.
Questa e' proprio la linea di difesa tenuta a Norimberga da Hermann Goering:
la ricusazione del tribunale in quanto collegio giudicante composto tutto
dai vincitori.
Osservo preliminarmente: Goering fa valere la coppia "vinti/vincitori", che
implica la categoria di "nemico", vigente in stato di guerra. Ma il processo
di Norimberga si tiene a guerra finita. Dunque formalmente non ci si puo'
appellare all'ostilità pregiudiziale del "nemico". Prima ancora di un'accusa
circa un "vae victis!" imposto dai vincitori ai vinti, quella di Goering e'
una grande ipocrisia. In secondo luogo, nel processo i vincitori si
configurano come i portatori di *principi* di una legislazione
internazionale: sono questi *principi* i "vincitori", su quelli imposti
dalla Germania nazista. Avrebbe accettato, Goering, di essere sottoposto a
processo per gli stessi crimini, se i giudici fossero stati tedeschi? (a
parte che avrebbero dovuto cercarli col lanternino). Con la stessa logica di
Goering: con quale presunto diritto
Ratko Mladic, il boia di Srebrenica, potrebbe ricusare il tribunale
internazionale dell'Aia
perche' i giudici non sono serbi? A Norimberga il rappresentante americano
dell'accusa usa queste parole:
"In verità i tedeschi, non meno che il mondo di fuori, hanno da saldare i
conti con gli accusati".
Ma qual e' la colpa ascritta agli accusati? Jaspers, visto che lo hai
citato, elenca
4 sensi di tale concetto, dei quali per ora qui interessa il primo:

<<Bisogna distinguere:
1) Colpa criminale: i delitti consistono in azioni, che si possono provare
oggettivamente e che trasgrediscono leggi inequivocabili.
L'istanza è il tribunale, il quale stabilisce precisamente, con una
procedura formale, gli stati di fatto, e vi applica le leggi.
[...]
Questo ci permette, in primo luogo, di operare una chiara delimitazione in
due diverse direzioni.
1. Dinanzi al tribunale non sta il popolo tedesco,
ma stanno singoli tedeschi accusati dì delitti - in sostanza però tutti i
gerarchi del regime nazista. Questa delimitazione è stata compiuta fin
dall'inizio dal rappresentante americano dell'accusa. Jackson ha
detto nel suo discorso che stabilisce i criteri fondamentali del processo:
"Noi desideriamo precisare
che non intendiamo incolpare tutto il popolo tedesco".
2. Le persone sospettate non vengono accusate poi in linea generale, ma per
delitti determinati.
Questi sono espressamente definiti nello statuto della corte militare
internazionale di giustizia:
1) Delitti contro la pace: disegno, preparazione, avviamento o esecuzione di
una guerra di aggressione o di una guerra che violi i trattati
internazionali...
2) Delitti di guerra: violazioni delle leggi di guerra,
per esempio: omicidi, maltrattamenti, deportazioni al lavoro forzato di
uomini appartenenti alla popolazione civile del territorio occupato -
uccisioni, o maltrattamenti
di prigionieri di guerra -, saccheggiamenti di beni pubblici o privati,
distruzioni arbitrarie di città o villaggi o
ogni altra devastazione, che non può essere giustificata in base a necessità
militari.
3) Delitti contro l'umanità: assassini, stermini, asservimenti, deportazioni
perpetrati a danno di una qualsiasi
popolazione civile, persecuzioni commesse per motivi politici, razziali o
religiosi perpetrate nel compiere un
delitto per cui è competente la corte di giustizia.
Inoltre viene definita la sfera delle responsabilità. I capi, le
organizzazioni, i promotori e i soci che hanno preso parte all'elaborazione
e all'esecuzione di un piano comune o a un'intesa per commettere uno dei
delitti sunnominati, sono responsabili per tutte quelle azioni, che sono
state commesse da una persona qualsiasi in esecuzione di un tale piano.
L'accusa è diretta dunque non solamente contro persone singole, ma anche
contro organizzazioni che, come tali, dovrebbero essere giudicate
delittuose: il gabinetto del Reich - il corpo dei dirigenti politici della
NSDAP -delle SS - delle SD - della Gestapo - delle SA - lo stato maggiore
dell'esercito - il comando supremo delle forze armate tedesco.>> (K.Jaspers,
"La questione della colpa")

Ti sembra che la forza *impositiva* di un insieme di principi
internazionali, dal quale insieme viene escluso come principio primo il puro
esercizio della *forza*, determini una contraddizione piu' nei giudici di
Norimberga che nell'argomentazione di Goering?
Post by Marco V.
Tuttavia il punto è
che per una corretta ed oggettiva posizione del problema, che riguarda il
rapporto tra la verità storica e gli ordinamenti giuridici, non dobbiamo
dimenticare che Irving è stato incriminato (e poi incarcerato) dal
paragrafo §3h (introdotto nel 1992) della "Verbotsgesetz 1947", la norma
costituzionale con la quale l'ordinamento giuridico austriaco ha messo
fuori legge il partito nazista. Il paragrafo che ha incriminato il
<<[...]wird auch bestraft, wer in einem Druckwerk, im Rundfunk oder in
einem anderen Medium oder wer sonst öffentlich auf eine Weise, daß es
vielen Menschen zugänglich wird, den nationalsozialistischen Völkermord
oder andere nationalsozialistische Verbrechen gegen die Menschlichkeit
leugnet, gröblich verharmlost, gutheißt oder zu rechtfertigen sucht>>.
<<[...]è anche punito chi in opere di stampa, trasmissioni radiofoniche,
ovvero pubblicamente in modo che risulti accessibile a molte persone,
nega, minimizza gravemente, approva o cerca di giustificare il genocidio
nazionalsocialista ovvero gli altri crimini nazionalsocialisti contro
l'umanità>>.
Dunque, una norma contenuta in un ordinamento giuridico occidentale
prescrive il divieto delle operazioni pubbliche di: negazione,
minimizzazione, approvazione, tentativo di giustificazione dei crimini
nazisti.
Quel paragrafo della "Verbotsgesetz" fa parte degli strumenti giuridici di
legittima difesa con cui le istituzioni democratiche si garantiscono contro
coloro che le avversano. In Italia, per esempio, nello stesso senso va la
legge Scelba del 1952 ( http://it.wikipedia.org/wiki/Apologia_del_fascismo )
Tale legge va vista, cioe', nell'ottica finalistica della conservazione
delle istituzioni democratiche: ottica che comporta una *responsabilita'*
dello Stato rispetto alla sua conservazione e la cui assenza determinerebbe
una *colpa politica* (ricorda niente il putsch di Monaco e la debolezza
della Repubblica di Weimar?). Sta ai tribunali il *giudizio* se un singolo
fatto, compreso il pubblicare saggi negazionistici, puo' essere assunto o
meno sotto le sanzioni previste dalla legge. Prova a vedere questo:
http://www.ibs.it/code/9788879531603/mein-kampf-adolf.html
Puo' questa pubblicazione configurare il reato di cui alla legge Scelba e
mettere sotto processo l'editore di Kaos?
E' un errore considerare il paragrafo che citi o la legge Scelba tout-court
una legge contro la liberta' di espressione, perche' quest'ultima, come ben
sappiamo, e' condizionata; non solo in tutti i sensi che conosciamo dal
Codice Penale, ma anche in quello di cui dicevo sopra: quello della
responsabilita' *politica* dello Stato nei confronti delle sue istituzioni.
Si puo' certo e comunque discutere se il negazionismo *vìoli* la liberta' di
espressione, ma questa discussione sarebbe in certo senso una
meta-discussione, perche' il suo argomento includerebbe non solo la
questione della liberta' del negazionista, ma, di contro, anche la questione
di cui ho detto, cioe' della responsabilita' politica verso le libere
istituzioni democratiche e i pericoli che le minacciano. Metti le due
istanze sui due piatti di una bilancia: a chi il giudizio se pende da una
parte o dall'altra? Una "meta-discussione" in cui si impegno' anche Chomsky,
che si schiero' dalla parte della liberta' di espressione dei negazionisti;
suscitando un nugolo di critiche, ma nessuno si sogno' mai di sottoporlo a
processo per negazionismo. Cosi' si puo' anche discordare radicalmente
dall'opinione di Chomsky, senza con cio' essere accusati di conculcare la
liberta' di espressione.
Post by Marco V.
La libertà di ri-scrivere la storia (anche distorcendola) del
nazismo implica la possibilità di dover *negare* l'esistenza delle
condotte incriminate a Norimberga? Un ordinamento giuridico proibisce
implicitamente le condotte la cui realizzazione implica la realizzazione
delle condotte esplicitamente da esso sanzionate? Se la risposta a
entrambe queste due domande è sì, allora il paragrafo 3h proibisce
implicitamente la libertà di ri-scrivere la storia.
Non pensi che la tua conclusione sia un sofisma? La liberta' di ri-scrivere
la storia implica, come dici, la *possibilita'*, non la *necessita'*, di
negare l'esistenza di una condotta criminale. Dunque il paragrafo 3h e' solo
*possibile* che proibisca la liberta' di ri-scrivere la storia. A parte
questo, che in fin dei conti e' una pignoleria, il giudice che debba
giudicare un caso secondo quel paragrafo, deve giudicare proprio *se vi e'
implicazione* tra le condotte che *per ipotesi* da verificare implicano la
realizzazione delle condotte esplicitamente sanzionate.
Post by Marco V.
Si deve forse dire che
*se* a Norimberga il giudice si fece anche legislatore, il legislatore
costituzionale del paragrafo 3h si è fatto anche storico?
Ma se un giudice, che deve accertare *i fatti* e in base a questi giudicare
secondo legge, emette un giudizio di colpevolezza circa un crimine efferato,
con cio' si e' fatto anche criminologo?
Cari saluti,
Loris
Marco V.
2013-10-16 16:13:43 UTC
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Post by Loris Dalla Rosa
la ricusazione del tribunale in quanto collegio giudicante composto tutto
dai vincitori.
Osservo preliminarmente: Goering fa valere la coppia "vinti/vincitori", che
implica la categoria di "nemico", vigente in stato di guerra. Ma il processo
di Norimberga si tiene a guerra finita. Dunque formalmente non ci si puo'
appellare all'ostilità pregiudiziale del "nemico". Prima ancora di un'accusa
circa un "vae victis!" imposto dai vincitori ai vinti, quella di Goering e'
una grande ipocrisia. In secondo luogo, nel processo i vincitori si
configurano come i portatori di *principi* di una legislazione
internazionale: sono questi *principi* i "vincitori", su quelli imposti
dalla Germania nazista. Avrebbe accettato, Goering, di essere sottoposto a
processo per gli stessi crimini, se i giudici fossero stati tedeschi? (a
parte che avrebbero dovuto cercarli col lanternino). Con la stessa logica di
Goering: con quale presunto diritto
Ratko Mladic, il boia di Srebrenica, potrebbe ricusare il tribunale
internazionale dell'Aia
perche' i giudici non sono serbi? A Norimberga il rappresentante americano
"In verità i tedeschi, non meno che il mondo di fuori, hanno da saldare i
conti con gli accusati".
Ma qual e' la colpa ascritta agli accusati?
Beh, caro Loris, se anche solo per un secondo l'adozione della linea
argomentativa che ho proposto mi dovesse "guadagnare" la compagnia
dell'obeso ed oppiomane Reichsmarschall, allora non ci penserei su due volte
ad applicare al mio discorso un argomento ad personam e togliermi così
dall'imbarazzo.
Voglio allora precisare che dalla affermazione che il Tribunale
Internazionale Militare di Norimberga fu un "tribunale dei vincitorei" non
intendevo far conseguire immediatamente la sua non validità giuridica (o
anche etica). Infatti dicevo anche che quella espressione - "tribunale dei
vincitori" - fu usata da Jaspers stesso nell'opera che hai citato: "dopo una
guerra non può che esserci il tribunale dei vincitori", scrisse il tedesco,
e proprio a quel "non può che" mi riferivo quando affermavo l'inevitabilità
di quella certa composizione(=giudici nominati esclusivamente dai governi
delle quattro potenze vincitrici) assunta dal collegio giudicante. Annotavo,
dunque, un dato di fatto, di cui la difesa della validità del giudizio dovrà
però certamente tener conto. Ma sul problema della composizione del collegio
giudicante tornerò brevemente più sotto.

Lasciando dunque Goering al suo destino (che fu quello che sappiamo), mi
interessava di più (e qui il mio intelletto mi impone di non avvertire alcun
imbarazzo) sondare la linea argomentativa dell'avvocato di Goering, Otto
Stahmer, il quale, a nome di tutta la difesa, oppose contro la validità
(giuridica e giurisdizionale) del Tribunale Internazionale Militare di
Norimberga la tesi secondo la quale le incriminazioni che vi ebbero luogo
violerebbero il sacro principio della irretroattività della norma penale
incriminatrice. Pare che Stalin, cui va dato merito di non avere mai avuto
peli sulla lingua, avesse idee un pochino più sbrigative di quelle di
Churchill (che ricorda l'episodio nella sua opera storiorafica sulla IIGM)
circa quale dovesse essere l'esito del processo di formazione (cui pure
stava contribuendo) di una volontà comune di dotarsi di strumenti giuridici
per pervenire ad un giudizio sugli atti efferati compiuti dai dirigenti
politico-militari e dai soldati tedeschi: "brindo alla giustizia dei plotoni
di esecuzione", ebbe modo di dire il capo sovietico.

Ma a parte questo, qui noi dovremmo assumere tanto un punto di vista
sincronico (che è quello nell'ambito del quale un fatto viene sussunto sotto
una determinata regola giuridica) quanto uno diacronico (che è quello
nell'ambito del quale emerge la questione della provenienza della regola).
Ora, una *certa* dose di retroattività delle norme incriminatrici applicate
dal Tribunale di Norimberga e che condussero alle incriminazioni, ai giudici
e alle esecuzioni che sappiamo pare fuori discussione, e venne
sostanzialmente riconosciuta anche da Kelsen. Ma il punto - che hai
correttamente colto - è che il fatto della violazione del principio di
irretroattività della norma penale incriminatrice di per sé non costituisce
la prova della assoluta illegittimità del giudizio, visto che tale principio
non è *assoluto* e dunque non è l'unico fondamento della legittimità di un
giudizio. Ma allora, se vi fu retroattività delle norme incriminatrici, ciò
fu perché in qualche modo la loro *posizione* (o elementi della loro
posizione) fu *contestuale* al giudizio. Questa (parziale) contestualità tra
posizione delle norme e giudizio provoca la necessità di una riflessione sul
rapporto tra i contenuti e gli atti che li im-pongono. La composizione del
collegio giudicante atterrà dunque alla *configurazione oggettiva dell'atto
impositivo*.E adesso, qui sotto, vengo speditamente al punto.
Post by Loris Dalla Rosa
Jaspers, visto che lo hai
citato, elenca
1) Colpa criminale: i delitti consistono in azioni, che si possono provare
oggettivamente e che trasgrediscono leggi inequivocabili.
L'istanza è il tribunale, il quale stabilisce precisamente, con una
procedura formale, gli stati di fatto, e vi applica le leggi.
[...]
Questo ci permette, in primo luogo, di operare una chiara delimitazione in
due diverse direzioni.
1. Dinanzi al tribunale non sta il popolo tedesco,
ma stanno singoli tedeschi accusati dì delitti - in sostanza però tutti i
gerarchi del regime nazista. Questa delimitazione è stata compiuta fin
dall'inizio dal rappresentante americano dell'accusa. Jackson ha
"Noi desideriamo precisare
che non intendiamo incolpare tutto il popolo tedesco".
2. Le persone sospettate non vengono accusate poi in linea generale, ma per
delitti determinati.
Questi sono espressamente definiti nello statuto della corte militare
1) Delitti contro la pace: disegno, preparazione, avviamento o esecuzione di
una guerra di aggressione o di una guerra che violi i trattati
internazionali...
2) Delitti di guerra: violazioni delle leggi di guerra,
per esempio: omicidi, maltrattamenti, deportazioni al lavoro forzato di
uomini appartenenti alla popolazione civile del territorio occupato -
uccisioni, o maltrattamenti
di prigionieri di guerra -, saccheggiamenti di beni pubblici o privati,
distruzioni arbitrarie di città o villaggi o
ogni altra devastazione, che non può essere giustificata in base a necessità
militari.
3) Delitti contro l'umanità: assassini, stermini, asservimenti, deportazioni
perpetrati a danno di una qualsiasi
popolazione civile, persecuzioni commesse per motivi politici, razziali o
religiosi perpetrate nel compiere un
delitto per cui è competente la corte di giustizia.
Inoltre viene definita la sfera delle responsabilità. I capi, le
organizzazioni, i promotori e i soci che hanno preso parte
all'elaborazione
Post by Loris Dalla Rosa
e all'esecuzione di un piano comune o a un'intesa per commettere uno dei
delitti sunnominati, sono responsabili per tutte quelle azioni, che sono
state commesse da una persona qualsiasi in esecuzione di un tale piano.
L'accusa è diretta dunque non solamente contro persone singole, ma anche
contro organizzazioni che, come tali, dovrebbero essere giudicate
delittuose: il gabinetto del Reich - il corpo dei dirigenti politici della
NSDAP -delle SS - delle SD - della Gestapo - delle SA - lo stato maggiore
dell'esercito - il comando supremo delle forze armate tedesco.>> (K.Jaspers,
"La questione della colpa")
Ti sembra che la forza *impositiva* di un insieme di principi
internazionali, dal quale insieme viene escluso come principio primo il puro
esercizio della *forza*, determini una contraddizione piu' nei giudici di
Norimberga che nell'argomentazione di Goering?
Esatto, la forza *impositiva*. L'*imposizione* di un determinato contenuto
(ad esempio rappresentato dalle regole giuridiche sotto le quali, sul piano
sincronico, finiranno sussunte determinate classi di azioni). Questa
distinzione tra atto dell'imposizione e contenuto è inoltrepassabile, visto
che il tentativo di fondare l'atto dell'imposizione di x su un contenuto x'
precedentemente posto (annullando così la violenza di quel "im-") genera un
regresso all'infinito (scavalcabile solo da un contenuto capace di
autoporsi, come è il pdnc secondo Severino interprete di Aristotele...).
*Nessun* contenuto (che non sia in grado di autoporsi), dunque, è in grado
di cancellare la traccia della forza che lo ha imposto. Ma, al contempo, ci
sono contenuti in grado di parlare della forza impositiva stessa dell'atto
che li ha imposti. La differenza tra i contenuti non viene vanificata dal
carattere im-positivo della loro posizione. Se è vero che i contenuti im-
posti dalla forza che volle, poi operandovi, il Tribunale di Norimberga
attengono ai principi di un ordinamento internazionale, ci si potrebbe
domandare come mai gli unici crimini effettivamente giudicati e puniti
furono quelli dei nazisti.
Domanda ingenua? Beh, se lo è, *non* potremmo - pena ricadere nel "vae
victis!" - semplicemente richiamarci alla opposizione tra vincitori e vinti.
Un'altra domanda: perché della negazione *giuridica* (avente cioè valore di
*norma giuridica*, il che significa coercitività etc.) della libertà di
negare pubblicamente crimini contro l'umanità esistente nei principali
ordinamenti giudici europei, è beneficiaria solo la verità storica dei
crimini nazisti? Perché la cultura europea, capace (essendo contenta di
esserlo) di ridurre alcuni millenni di tradizione giuridico-morale ad un
"caso particolare" attraverso il conio di espressioni quali "genitore A" e
"genitore B", non ha ancora fatto la stessa cosa per il nazismo? Perché il
nazismo, nella vigente rappresentazione giuridico-culturale, non è ancora
divenuto *uno* dei valori di una variabile (per esempio: "crimine contro
l'umanità" o quel che ci pare)? Forse perché c'è la volontà di poter
continuare a *guardare concretamente in faccia* i negatori dell'ordinamento
politico-culturale europeo, ovvero coloro sulla negazione del cui mondo
pratico-ideale è sorto il nostro ordinamento politico-culturale?
E allora a mio avviso, seguendo la logica di queste domande (che *non* mi
paiono affatto aggirabili), perveniamo abbastanza rapidamente al
riconoscimento del nazismo, *e* del giudizio di cui esso fu ed è oggetto,
come evento del tutto "singolare" nella storia europea. Non penso andremmo
lontano se questa "singolarità" noi la rappresentassimo attraverso la
metafora del "chiodo" che sorregge il "quadro". Un "quadro" che porta
dipinto, dentro di sé, il "chiodo" che lo sorregge.
Post by Loris Dalla Rosa
Quel paragrafo della "Verbotsgesetz" fa parte degli strumenti giuridici di
legittima difesa con cui le istituzioni democratiche si garantiscono contro
coloro che le avversano. In Italia, per esempio, nello stesso senso va la
legge Scelba del 1952 ( http://it.wikipedia.org/wiki/Apologia_del_fascismo )
Tale legge va vista, cioe', nell'ottica finalistica della conservazione
delle istituzioni democratiche: ottica che comporta una *responsabilita'*
dello Stato rispetto alla sua conservazione e la cui assenza
determinerebbe
Post by Loris Dalla Rosa
una *colpa politica* (ricorda niente il putsch di Monaco e la debolezza
della Repubblica di Weimar?). Sta ai tribunali il *giudizio* se un singolo
fatto, compreso il pubblicare saggi negazionistici, puo' essere assunto o
http://www.ibs.it/code/9788879531603/mein-kampf-adolf.html
Puo' questa pubblicazione configurare il reato di cui alla legge Scelba e
mettere sotto processo l'editore di Kaos?
E' un errore considerare il paragrafo che citi o la legge Scelba tout-
court
Post by Loris Dalla Rosa
una legge contro la liberta' di espressione, perche' quest'ultima, come ben
sappiamo, e' condizionata; non solo in tutti i sensi che conosciamo dal
Codice Penale, ma anche in quello di cui dicevo sopra: quello della
responsabilita' *politica* dello Stato nei confronti delle sue
istituzioni.
Post by Loris Dalla Rosa
Si puo' certo e comunque discutere se il negazionismo *vìoli* la liberta' di
espressione, ma questa discussione sarebbe in certo senso una
meta-discussione, perche' il suo argomento includerebbe non solo la
questione della liberta' del negazionista, ma, di contro, anche la questione
di cui ho detto, cioe' della responsabilita' politica verso le libere
istituzioni democratiche e i pericoli che le minacciano. Metti le due
istanze sui due piatti di una bilancia: a chi il giudizio se pende da una
parte o dall'altra? Una "meta-discussione" in cui si impegno' anche Chomsky,
che si schiero' dalla parte della liberta' di espressione dei
negazionisti;
Post by Loris Dalla Rosa
suscitando un nugolo di critiche, ma nessuno si sogno' mai di sottoporlo a
processo per negazionismo. Cosi' si puo' anche discordare radicalmente
dall'opinione di Chomsky, senza con cio' essere accusati di conculcare la
liberta' di espressione.
Nego che dispositivi giuridici quali il "paragrafo 3h" da me citato
costituiscano una contraddizione per lo Stato democratico - così come (per
ragioni un po' diverse) nego che uno Stato democratico che in condizioni
particolarissime adotti la tortura per estorcere una informazione al fine di
sventare un attentato terroristico di cui sospetta la preparazione,
costituisca una "contraddizione" (se non quella consistente in un
prolungamento di una contraddizione più originaria, provocata dai
significati assunti, nel corso della storia politica, dal predicato
"democratico" nel suo congiungersi al nome della sovranità statuale).

La mia tesi, dunque, è che se anche dispositivi giuridici quali il paragrafo
3h sono palesi negazioni della libertà di espressione, il loro
incorporamento nell'ordinamento giuridico degli Stati democratici europei
*non* costituisce alcuna autocontraddizione. Se v'è autocontraddizione, essa
rimane, secondo me, quella di cui dicevo ("Stato-democratico", dato il
significato che la cultura politica ha progressivamente attribuito alla
parola "democratico", senza poter e saper modificare il significato di
"Stato"). D'altra parte una contraddizione analitica, provocata
dall'incorporamento di dispositivi quali quello del paragrafo 3h negli
ordinamenti giuridici europei, è facilmente escludibile, utilizzando un
ragionamento analogo a quello con cui mostravo, tempo fa, che la
costituzione italiana, nel suo affermare che la legge è uguale per tutti e
poi(=65 articoli dopo) nel suo prevedere le "immunità parlamentari", non si
autocontraddice affatto.

Circa, ancora, la reazione degli ordinamenti giuridici verso il
"negazionismo", se anche tale reazione consiste nella negazione della
libertà di espressione, rimane vero che lo spazio pubblico dominato dagli
ordinamenti giuridici europei è in grado di ospitare la discussione circa la
legittimità di tale reazione. Questo non lo dimentico mai.
Post by Loris Dalla Rosa
Non pensi che la tua conclusione sia un sofisma? La liberta' di ri-
scrivere
Post by Loris Dalla Rosa
la storia implica, come dici, la *possibilita'*, non la *necessita'*, di
negare l'esistenza di una condotta criminale. Dunque il paragrafo 3h e' solo
*possibile* che proibisca la liberta' di ri-scrivere la storia.
Questo il punto più immediatamente, e nevralgicamente (visto che secondo
alcuni sul terreno della logica modale è caduto addirittura Ipse, no?:-)),
logico della questione, cui, conoscendo la tua lucidità su certe cose, ero
certo, mentre componevo la mia risposta, saremmo infallibilmente giunti:-).
La tua tesi è che siccome *non necessariamente* la riscrittura della storia
implica la negazione del fatto x (ovvero dell'esser-fatto di x), allora
l'ordinamento giuridico, nel proibire la negazione di, *non necessariamente*
proibisce la libertà di riscrivere la storia. Insomma, la tua tesi vuole
mostrare che la proibizione giuridica si propaga su uno solo dei "rami"
della possibilità.
In simboli (utilizzo per semplicità un solo operatore, 'Neg', per riferirmi
alla "negazione del fatto x" e alla "proibizione giuridica [tanto della
negazione del fatto x quanto della libertà di riscrivere la storia]; 'L'
indicherà la "libertà di riscrivere la storia" e l'operatore 'Poss' la
possibilità):

se L implica Poss(Neg(x)), allora Neg(Poss(Neg(x))) implica *Poss(Neg(L))* e
*non* implica (come invece avevo detto io) Neg(L).

Benissimo. Ma la possibilità è o no un oggetto logico "duale", consistente
nella *congiunzione* di sotto-possibilità? Dire che una cosa è possibile
significa o no dire che è possibile quella cosa *ed* è possibile la
negazione di quella cosa? Se è così, allora se con la "possibilità"
implicata da L intendiamo la congiunzione tra due sotto-possibilità, l'una
positiva e l'altra negativa, sì che Neg(Poss(Neg(x))) verrà ad essere la
negazione di uno dei dunque congiunti - negazione, quest'ultima, che come è
ben noto rende falsa la congiunzione. La conseguenza è che tale negazione
implicherà la negazione di quella congiunzione di sotto-possibilità nella
quale L consiste.
Dici che il sofisma si è solo spostato? Quello che sto sostenendo è che la
proibizione giuridica(=previsione di sanzioni penali) contenuta nel
paragrafo 3h impedisce, per il ricercatore, la condizione di iniziale
equipollenza tra i due rami di un problema(=x è un fatto storico / x non è
un fatto storico) e che tale condizione di iniziale equipollenza è la
libertà di ricerca rispetto a quell'oggetto. Ma di più. Si potrebbe anche
sostenere, procedendo a ritroso nella catena della libertà della ricerca,
che poiché la libertà di ricerca implica la libertà di scegliere l'oggetto
della ricerca, il paragrafo 3h implica la negazione della libertà di ricerca
simpliciter.
Ovviamente tutta questa argomentazione si regge sulla introduzione di una
congiunzione quale conseguente del condizionale che ha L, la libertà di
ricerca, come suo antecedente.
Post by Loris Dalla Rosa
Ma se un giudice, che deve accertare *i fatti* e in base a questi giudicare
secondo legge, emette un giudizio di colpevolezza circa un crimine efferato,
con cio' si e' fatto anche criminologo?
Su questo problema, riguardante la condizione privilegiata della verità
storica dei crimini compiuti dal nazismo, credo di aver illustrato sopra il
mio punto di vista.

Cari saluti,

Marco
P.S.
Nei prossimi giorni il carico, nella mia quotidianità, della non-filosofia-
praticata (questa su icfm) si incrementerà notevolmente, per cui la mia
replica ad una eventuale tua risposta potrebbe ritardare. L'argomento è
molto interessante e delicato, anche perché il parlamento italiano si sta
accingendo a discutere un ddl contenente l'introduzione del reato di
negazionismo nel nostro ordinamento giuridico.
Loris Dalla Rosa
2013-10-17 14:00:13 UTC
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Post by Marco V.
Post by Loris Dalla Rosa
Questa e' proprio la linea di difesa tenuta a Norimberga da Hermann
la ricusazione del tribunale in quanto collegio giudicante composto tutto
dai vincitori.
Beh, caro Loris, se anche solo per un secondo l'adozione della linea
argomentativa che ho proposto mi dovesse "guadagnare" la compagnia
dell'obeso ed oppiomane Reichsmarschall, allora non ci penserei su due volte
ad applicare al mio discorso un argomento ad personam e togliermi così
dall'imbarazzo.
:-)). Non penserai mica che ti attribuissi a colpa quel parallelismo!? Con
Goering non puoi competere: non ne hai ne' la costituzione fisica ne' la
bassezza morale:-)
Post by Marco V.
[...] Ma sul problema della composizione del collegio
giudicante tornerò brevemente più sotto.
Lasciando dunque Goering al suo destino (che fu quello che sappiamo), mi
interessava di più (e qui il mio intelletto mi impone di non avvertire alcun
imbarazzo) sondare la linea argomentativa dell'avvocato di Goering, Otto
Stahmer, il quale, a nome di tutta la difesa, oppose contro la validità
(giuridica e giurisdizionale) del Tribunale Internazionale Militare di
Norimberga la tesi secondo la quale le incriminazioni che vi ebbero luogo
violerebbero il sacro principio della irretroattività della norma penale
incriminatrice.
Pare che Stalin, cui va dato merito di non avere mai avuto
peli sulla lingua, avesse idee un pochino più sbrigative di quelle di
Churchill (che ricorda l'episodio nella sua opera storiorafica sulla IIGM)
circa quale dovesse essere l'esito del processo di formazione (cui pure
stava contribuendo) di una volontà comune di dotarsi di strumenti giuridici
per pervenire ad un giudizio sugli atti efferati compiuti dai dirigenti
politico-militari e dai soldati tedeschi: "brindo alla giustizia dei plotoni
di esecuzione", ebbe modo di dire il capo sovietico.
Ma a parte questo, qui noi dovremmo assumere tanto un punto di vista
sincronico (che è quello nell'ambito del quale un fatto viene sussunto sotto
una determinata regola giuridica) quanto uno diacronico (che è quello
nell'ambito del quale emerge la questione della provenienza della regola).
Ora, una *certa* dose di retroattività delle norme incriminatrici applicate
dal Tribunale di Norimberga e che condussero alle incriminazioni, ai giudici
e alle esecuzioni che sappiamo pare fuori discussione, e venne
sostanzialmente riconosciuta anche da Kelsen.
Si', una *certa* dose di retroattivita' fu riconosciuta anche da Kelsen.
Tuttavia, a parte l'argomento logicamente principale di cui dici subito
sotto, qualche cosiderazione su quel "certa" (detto di "dose di
retroattivita'") si puo' fare, chiedendoci: davvero non esiste una qualche
forma di diritto, scritto o non scritto, la cui infrazione possa
giustificare la pena? (Qui mi limito a prendere in considerazione, di tutte
le argomentazioni di Kelsen, solo questa della "retroattivita'"). Jaspers
sottolinea quelle non scritte, quando dice: <<A Norimberga si giudica con
retroattivita' in base a leggi che vengono ora stabilite dai vincitori. A
cio' e' da rispondere in questo modo: se si tiene conto dell'umanita', dei
diritti dell'uomo e del diritto naturale, e se ci si riporta alle idee di
liberta' e democrazia nel mondo occidentale, si puo' dire che ci sono delle
leggi secondo le quali possano essere definiti dei delitti.>> ("Die
Schuldfrage"). Ma vediamo se ci si puo' appoggiare a qualcosa di scritto.
L'articolo 4. della Costituzione della Repubblica di Weimar recita:
<<Die allgemein anerkannten Regeln des Völkerrechts gelten als bindende
Bestandteile des deutschen Reichsrechts.>>
["I principi fondamentali riconosciuti dal diritto delle genti hanno valore
di parti integranti del diritto tedesco"]
"Völkerrecht", che altro non e' che lo "ius gentium" di ascendenza latina,
che l'articolo, certo, richiede che sia "ri-conosciuto"; ma che e'
impossibile che i Tedeschi non abbiano per lo meno "conosciuto". Almeno uno
qualcosa ne sapeva:
http://www.kantiana.it/wiki/images/b/ba/Trattato.pdf (in traduzione un po'
obsoleta)
Ma anche in quanto "ri-conosciuto"... la costituzione di Weimar e' datata
1919 e non poteva non richiamare la normativa della Convenzione
internazionale dell' Aja del 1907 su leggi ed usi della guerra terrestre,
sottoscritta anche dalla Germania dell'allora "Sua Maesta' l'imperatore di
Germania". Infine il patto Briand-Kellogg:
http://it.wikipedia.org/wiki/Patto_Briand-Kellogg
Trattato giuridicamente usato come argomento piu' forte contro l'accusa di
retroattivita', nonostante alcune lacune, certamente gravi, che lo resero
incompleto e percio'
inefficiente.
Post by Marco V.
Ma il punto - che hai
correttamente colto - è che il fatto della violazione del principio di
irretroattività della norma penale incriminatrice di per sé non costituisce
la prova della assoluta illegittimità del giudizio, visto che tale principio
non è *assoluto* e dunque non è l'unico fondamento della legittimità di un
giudizio. Ma allora, se vi fu retroattività delle norme incriminatrici, ciò
fu perché in qualche modo la loro *posizione* (o elementi della loro
posizione) fu *contestuale* al giudizio. Questa (parziale) contestualità tra
posizione delle norme e giudizio provoca la necessità di una riflessione sul
rapporto tra i contenuti e gli atti che li im-pongono. La composizione del
collegio giudicante atterrà dunque alla *configurazione oggettiva dell'atto
impositivo*.E adesso, qui sotto, vengo speditamente al punto.
Gia'. E c'e' anche un altro aspetto da considerare: la contestualita' del
giudizio secondo principii giuridici imposti impegna tanto l'accusato quanto
l'accusatore (almeno nell'astrazione dei principii). Senza l'imposizione di
quei principii, neppure il vincitore sarebbe stato vincolato a rispettarli;
che ne sarebbe stato della Germania? Lasciata in preda al "diritto" di
saccheggio, di deportazione, o addirittura di... genocidio?
Post by Marco V.
Post by Loris Dalla Rosa
Ti sembra che la forza *impositiva* di un insieme di principi
internazionali, dal quale insieme viene escluso come principio primo il
puro
Post by Loris Dalla Rosa
esercizio della *forza*, determini una contraddizione piu' nei giudici di
Norimberga che nell'argomentazione di Goering?
Esatto, la forza *impositiva*. L'*imposizione* di un determinato contenuto
(ad esempio rappresentato dalle regole giuridiche sotto le quali, sul piano
sincronico, finiranno sussunte determinate classi di azioni). Questa
distinzione tra atto dell'imposizione e contenuto è inoltrepassabile, visto
che il tentativo di fondare l'atto dell'imposizione di x su un contenuto x'
precedentemente posto (annullando così la violenza di quel "im-") genera un
regresso all'infinito (scavalcabile solo da un contenuto capace di
autoporsi, come è il pdnc secondo Severino interprete di Aristotele...).
*Nessun* contenuto (che non sia in grado di autoporsi), dunque, è in grado
di cancellare la traccia della forza che lo ha imposto. Ma, al contempo, ci
sono contenuti in grado di parlare della forza impositiva stessa dell'atto
che li ha imposti. La differenza tra i contenuti non viene vanificata dal
carattere im-positivo della loro posizione. Se è vero che i contenuti im-
posti dalla forza che volle, poi operandovi, il Tribunale di Norimberga
attengono ai principi di un ordinamento internazionale, ci si potrebbe
domandare come mai gli unici crimini effettivamente giudicati e puniti
furono quelli dei nazisti.
Domanda piu' che legittima. Per esempio il bombardamento di Dresda con bombe
al fosforo, un inutile massacro. Ecco, questo ci suggerisce cosa puo'
significare "ri-scrivere" la storia: non certo nel senso di negarla, ma in
quello di ampliarla, illuminandone i risvolti nascosti, i lati oscuri che i
vincitori vorrebbero censurare.
Post by Marco V.
Domanda ingenua? Beh, se lo è, *non* potremmo - pena ricadere nel "vae
victis!" - semplicemente richiamarci alla opposizione tra vincitori e vinti.
Un'altra domanda: perché della negazione *giuridica* (avente cioè valore di
*norma giuridica*, il che significa coercitività etc.) della libertà di
negare pubblicamente crimini contro l'umanità esistente nei principali
ordinamenti giudici europei, è beneficiaria solo la verità storica dei
crimini nazisti?
Perche' "negare" non e' "nascondere". Non vi e' alcuna necessita' di una
specifica norma giuridica, per impedire la negazione dei crimini di guerra
degli USA, perche' tale impedimento e' nello *status giuridico* stesso degli
USA. Gli Stati Uniti non possono negare crimini come questo:
http://it.wikipedia.org/wiki/Massacro_di_My_Lai
Non possono *negare* My Lai, possono solo *nasconderlo*, per il tempo che
riesce loro di farlo. Insomma, la differenza consiste nel fatto che gli
Americani possono processare gli Americani; almeno nella linea di quei
*principii* di cui essi stessi pretendono di essere alfieri.
Post by Marco V.
Perché la cultura europea, capace (essendo contenta di
esserlo) di ridurre alcuni millenni di tradizione giuridico-morale ad un
"caso particolare" attraverso il conio di espressioni quali "genitore A" e
"genitore B", non ha ancora fatto la stessa cosa per il nazismo? Perché il
nazismo, nella vigente rappresentazione giuridico-culturale, non è ancora
divenuto *uno* dei valori di una variabile (per esempio: "crimine contro
l'umanità" o quel che ci pare)? Forse perché c'è la volontà di poter
continuare a *guardare concretamente in faccia* i negatori
dell'ordinamento
politico-culturale europeo, ovvero coloro sulla negazione del cui mondo
pratico-ideale è sorto il nostro ordinamento politico-culturale?
E allora a mio avviso, seguendo la logica di queste domande (che *non* mi
paiono affatto aggirabili), perveniamo abbastanza rapidamente al
riconoscimento del nazismo, *e* del giudizio di cui esso fu ed è oggetto,
come evento del tutto "singolare" nella storia europea. Non penso andremmo
lontano se questa "singolarità" noi la rappresentassimo attraverso la
metafora del "chiodo" che sorregge il "quadro". Un "quadro" che porta
dipinto, dentro di sé, il "chiodo" che lo sorregge.
Fai bene a porre queste domande, che aprirebbero una problematica vastissima
circa i fondamenti *positivi* di uno stato di diritto. Per usare la tua
metafora, una democrazia non puo' sorreggersi a lungo sul chiodo della
rimozione storica e violenta da cui e' nata. Se nel quadro delle democrazie
deve esserci, come deve esserci, del ferro, questo non e' il ferro del
chiodo: e' sua cornice che deve essere di ferro.
[...]
Post by Marco V.
Nego che dispositivi giuridici quali il "paragrafo 3h" da me citato
costituiscano una contraddizione per lo Stato democratico - così come (per
ragioni un po' diverse) nego che uno Stato democratico che in condizioni
particolarissime adotti la tortura per estorcere una informazione al fine di
sventare un attentato terroristico di cui sospetta la preparazione,
costituisca una "contraddizione" (se non quella consistente in un
prolungamento di una contraddizione più originaria, provocata dai
significati assunti, nel corso della storia politica, dal predicato
"democratico" nel suo congiungersi al nome della sovranità statuale).
La mia tesi, dunque, è che se anche dispositivi giuridici quali il paragrafo
3h sono palesi negazioni della libertà di espressione, il loro
incorporamento nell'ordinamento giuridico degli Stati democratici europei
*non* costituisce alcuna autocontraddizione. Se v'è autocontraddizione, essa
rimane, secondo me, quella di cui dicevo ("Stato-democratico", dato il
significato che la cultura politica ha progressivamente attribuito alla
parola "democratico", senza poter e saper modificare il significato di
"Stato"). D'altra parte una contraddizione analitica, provocata
dall'incorporamento di dispositivi quali quello del paragrafo 3h negli
ordinamenti giuridici europei, è facilmente escludibile, utilizzando un
ragionamento analogo a quello con cui mostravo, tempo fa, che la
costituzione italiana, nel suo affermare che la legge è uguale per tutti e
poi(=65 articoli dopo) nel suo prevedere le "immunità parlamentari", non
si autocontraddice affatto.
Circa, ancora, la reazione degli ordinamenti giuridici verso il
"negazionismo", se anche tale reazione consiste nella negazione della
libertà di espressione, rimane vero che lo spazio pubblico dominato dagli
ordinamenti giuridici europei è in grado di ospitare la discussione circa
la legittimità di tale reazione. Questo non lo dimentico mai.
Ci troviamo d'accordo.
Post by Marco V.
Post by Loris Dalla Rosa
Non pensi che la tua conclusione sia un sofisma? La liberta' di ri-
scrivere
Post by Loris Dalla Rosa
la storia implica, come dici, la *possibilita'*, non la *necessita'*, di
negare l'esistenza di una condotta criminale. Dunque il paragrafo 3h e'
solo
Post by Loris Dalla Rosa
*possibile* che proibisca la liberta' di ri-scrivere la storia.
Questo il punto più immediatamente, e nevralgicamente (visto che secondo
alcuni sul terreno della logica modale è caduto addirittura Ipse, no?:-)),
logico della questione, cui, conoscendo la tua lucidità su certe cose, ero
certo, mentre componevo la mia risposta, saremmo infallibilmente giunti:-).
La tua tesi è che siccome *non necessariamente* la riscrittura della storia
implica la negazione del fatto x (ovvero dell'esser-fatto di x), allora
l'ordinamento giuridico, nel proibire la negazione di, *non
necessariamente*
proibisce la libertà di riscrivere la storia. Insomma, la tua tesi vuole
mostrare che la proibizione giuridica si propaga su uno solo dei "rami"
della possibilità.
In simboli (utilizzo per semplicità un solo operatore, 'Neg', per riferirmi
alla "negazione del fatto x" e alla "proibizione giuridica [tanto della
negazione del fatto x quanto della libertà di riscrivere la storia]; 'L'
indicherà la "libertà di riscrivere la storia" e l'operatore 'Poss' la
se L implica Poss(Neg(x)), allora Neg(Poss(Neg(x))) implica *Poss(Neg(L))*
e *non* implica (come invece avevo detto io) Neg(L).
Benissimo. Ma la possibilità è o no un oggetto logico "duale", consistente
nella *congiunzione* di sotto-possibilità? Dire che una cosa è possibile
significa o no dire che è possibile quella cosa *ed* è possibile la
negazione di quella cosa? Se è così, allora se con la "possibilità"
implicata da L intendiamo la congiunzione tra due sotto-possibilità, l'una
positiva e l'altra negativa, sì che Neg(Poss(Neg(x))) verrà ad essere la
negazione di uno dei dunque congiunti - negazione, quest'ultima, che come
è ben noto rende falsa la congiunzione. La conseguenza è che tale
negazione implicherà la negazione di quella congiunzione di
sotto-possibilità nella quale L consiste.
Beh, per approfondire questo problema logico (che e' l'aspetto che a noi
piace di piu':-)) occorrerebbe partire da una definizione del concetto di
"possibilita'", che non comporti circolarita' e che chiarisca lo statuto
ontologico attribuibile alla possibilita'. Pero' posso proseguire e
sviluppare il discorso sulla linea di sviluppo che ne hai dato tu. Mantengo
la tua notazione, aggiungo solo il segno di implicazione semplice ("==>").
Giusta la tua trascrizione formale della mia obiezione:
(L ==> Poss(Neg(x))) ==> (Poss(Neg(L)). La parte sinistra di questa
implicazione (chiamiamola "R") e' essa stessa un'implicazione, una
sotto-implicazione (chiamiamola in minuscolo "r"). Ora, se in r rimpiazziamo
"L" con Neg(L), r ha valore di verita' F (=falso), ma R ha valore di verita'
V (vero) sia che si attui, sia che non si attui tale rimpiazzameneto. Dunque
Neg(L) e' solo *possibile*. Ma vengo ora decisamente nel merito di quella
variabile x di Neg(x), sul cui valore di verita' sviluppi la tua successiva
osservazione. La variabile x sta per una certa affermazione su un fatto, di
cui si puo' mettere in dubbio la verita'. Mettiamo che, per non essere
troppo astratti, x stia per "ad Auschwitz le camere a gas servivano per
eliminare persone", la cui negazione volta in positivo potrebbe essere,
secondo un tale Floriano Abrahamowicz (prete lefebvriano e mancato
umorista), "ad Auschwitz le camere a gas servivano per disinfettare".
La possibilita', argomenti, e' un oggetto logico duale consistente nella
*congiunzione* delle due sotto-possibilita' x AND non-x. Ok, ma siamo sicuri
che la possibilita' sia definibile mediante quella congiunzione? Poss(x AND
non-x) puo' avere senso se ne' x ne' non-x sono decidibili rispetto ai loro
valori di verita'; ma se sono decidibili la determinazione del valore di
verita' V di uno determina di conseguenza il valore di verita' F dell'altro;
tutto cio' determinando come conseguenza l'*impossibilita'* della
contraddizione: le due formule Poss(x=V AND non-x=F) e Poss(x=F AND
non-x=V), determinano non la *possibilita'*, ma l'*impossibilita'* della
loro congiunzione. Cosa che non accade, invece per la formula Poss(x *AUT*
non-x). Per essere chiaro: che le camere a gas servissero per lo sterminio o
per disinfettare, questo costituisce una possibilita' se e solo se e'
*indeciso* se servissero per l'una o l'altra cosa; ma se la questione e'
*decidibile*, che sia vero l'uno o l'altro ramo della possibilita', cio'
determina il collasso della possibilita' nella *necessita'* della verita'
dell'uno e della falsita' dell'altro. In questo quadro, L (la liberta' di
riscrivere la storia) si fonderebbe sull'*indecidibilita'* perpetua che la
possibilita' collassi nel valore di verita' dell'uno o dell'altro ramo della
possibilita'. Ma questa impossibilita' di collassare non costituisce forse
l'*impossibilita'* della verita' sia di x che di non-x? Una maggiore
flessibilita' del discorso la potrebbe permettere un concetto di
possibilita' che faccia leva sulla nozione di "mondo possibile". Infatti,
anche qualora x sia accertato come vero e non-x come falso (o viceversa),
non vi e' alcuna contraddizione nell'immaginare un mondo in cui le camere a
gas servivano per disinfettare, quando nell'altro servivano per sterminare
(o viceversa). Ma allora L sarebbe la liberta' di *inventare* tanto una
quanto infinite altre storie, compresa quella di Cappuccetto Rosso.
Post by Marco V.
Dici che il sofisma si è solo spostato? Quello che sto sostenendo è che la
proibizione giuridica(=previsione di sanzioni penali) contenuta nel
paragrafo 3h impedisce, per il ricercatore, la condizione di iniziale
equipollenza tra i due rami di un problema(=x è un fatto storico / x non è
un fatto storico) e che tale condizione di iniziale equipollenza è la
libertà di ricerca rispetto a quell'oggetto.
La *condizione iniziale*: sicuramente. Condizione pero', secondo quanto ho
argomentato, che pretende di rimanere *eternamente iniziale*. Non e' un caso
che il negazionismo sia un esercizio di scetticismo radicale, che si limita
a negare anche le piu' conclamate evidenze.
Post by Marco V.
Ma di più. Si potrebbe anche
sostenere, procedendo a ritroso nella catena della libertà della ricerca,
che poiché la libertà di ricerca implica la libertà di scegliere l'oggetto
della ricerca, il paragrafo 3h implica la negazione della libertà di
ricerca simpliciter.
Ovviamente tutta questa argomentazione si regge sulla introduzione di una
congiunzione quale conseguente del condizionale che ha L, la libertà di
ricerca, come suo antecedente.
Certamente, ma i pozzi della storia, per quanto profondi siano, hanno sempre
un fondo.
Post by Marco V.
P.S.
Nei prossimi giorni il carico, nella mia quotidianità, della
non-filosofia-
praticata (questa su icfm) si incrementerà notevolmente, per cui la mia
replica ad una eventuale tua risposta potrebbe ritardare. L'argomento è
molto interessante e delicato, anche perché il parlamento italiano si sta
accingendo a discutere un ddl contenente l'introduzione del reato di
negazionismo nel nostro ordinamento giuridico.
Si' l'argomento e' molto delicato, oltre che interessante. Occorre andare
cauti con quel ddl e la fretta, come si sa, e' cattiva consigliera,
soprattutto se alimentata da ondate emotive. Tra l'altro, in questi giorni
e' salito alla ribalta il caso del nostro "amato" Odifreddi:-)). Finirebbe
in galera? Ma su questo apriro' un 3D apposito.
Loris Dalla Rosa
2013-10-17 14:14:46 UTC
Permalink
Post by Loris Dalla Rosa
Si' l'argomento e' molto delicato, oltre che interessante. Occorre andare
cauti con quel ddl e la fretta, come si sa, e' cattiva consigliera,
soprattutto se alimentata da ondate emotive. Tra l'altro, in questi giorni
e' salito alla ribalta il caso del nostro "amato" Odifreddi:-)). Finirebbe
in galera? Ma su questo apriro' un 3D apposito.
Mi sono perso i saluti, che poi sono la cosa piu' piacevole, quando si
finisce di scrivere un post lunghissimo e impegnativo:-)
Un caro saluto,
Loris
Marco V.
2013-10-17 16:45:51 UTC
Permalink
Post by Loris Dalla Rosa
[...]
Si' l'argomento e' molto delicato, oltre che interessante. Occorre andare
cauti con quel ddl e la fretta, come si sa, e' cattiva consigliera,
soprattutto se alimentata da ondate emotive. Tra l'altro, in questi giorni
e' salito alla ribalta il caso del nostro "amato" Odifreddi:-)). Finirebbe
in galera? Ma su questo apriro' un 3D apposito.
Ti risponderò spero il prima possibile. Prendo notizia solo adesso del casino in
cui il nostro (che non perde mai l'occasione...) si è...matematicamente
ficcato!:-). Leggerò con estremo interesse il tuo articolo sul ng (assoluzione o
condanna?:-)).

Cari saluti e a presto,

Marco
Omega
2013-10-18 06:58:48 UTC
Permalink
"Marco V."
Loris Dalla Rosa
Post by Loris Dalla Rosa
[...]
Si' l'argomento e' molto delicato, oltre che interessante. Occorre andare
cauti con quel ddl e la fretta, come si sa, e' cattiva consigliera,
soprattutto se alimentata da ondate emotive. Tra l'altro, in questi giorni
e' salito alla ribalta il caso del nostro "amato" Odifreddi:-)). Finirebbe
in galera? Ma su questo apriro' un 3D apposito.
Ti risponderò spero il prima possibile. Prendo notizia solo adesso del casino in
cui il nostro (che non perde mai l'occasione...) si è...matematicamente
ficcato!:-). Leggerò con estremo interesse il tuo articolo sul ng (assoluzione o
condanna?:-)).
Cari saluti e a presto,
Marco
Carissimi, ho seguito con attenzione la vostra documentatissima discussione,
ma sono rimasto - psichicamente - all'inizio (come noto, sono un po' lento
:)

L'inizio, se non ricordo male, era la legittimità di un processo in cui i
giudicanti fossero i vincitori.

Io, che non sono certamente un esperto di diritto, mi sono subito chiesto
una cosa sola:

"I processi di cui la Germania nazista ha riempito i paesi sottomessi o
alleati, e persino i non-processi costituiti da leggi speciali che
consentivano di perseguitare, incarcerare e deportare milioni di persone
(senza processi che sarebbero stati comunque farse), erano legittimi?"

Ragionando in termini di cultura ebraica io avrei risposto immediatamente:
occhio per occhio, dente per dente. Che è ciò che giustamente ha fatto
Israele.
Ragionando in termini di cultura cristiana, avrebbe dovuto bastare
l'uccisione di un solo civile, uno solo, e non come effetto collaterale di
atti di guerra, per decidere la condanna, non solo di Priebke ma di tutta la
gerarchia nazista, per omicidio.
E dommage che non ci fosse da noi la pena di morte proprio per via della
cultura cristiana.

Infine io penso che non è stata affatto una questione di "vae victis" ma una
questione di cattura di criminali comuni. Non una guerra in senso proprio,
ma un'azione di polizia in grande stile contro la peggiore delle mafie.
Forse che i mafiosi di origine nostrana presi negli Usa avevano diritto a un
processo con giudici di Cosa Nostra? Se hai commesso un delitto contro la
mia gente, sarò io a giudicarti.

Un saluto
Omega
Marco V.
2013-10-20 20:12:24 UTC
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Post by Omega
Carissimi, ho seguito con attenzione la vostra documentatissima discussione,
ma sono rimasto - psichicamente - all'inizio (come noto, sono un po' lento
:)
L'inizio, se non ricordo male, era la legittimità di un processo in cui i
giudicanti fossero i vincitori.
Io, che non sono certamente un esperto di diritto, mi sono subito chiesto
"I processi di cui la Germania nazista ha riempito i paesi sottomessi o
alleati, e persino i non-processi costituiti da leggi speciali che
consentivano di perseguitare, incarcerare e deportare milioni di persone
(senza processi che sarebbero stati comunque farse), erano legittimi?"
occhio per occhio, dente per dente. Che è ciò che giustamente ha fatto
Israele.
Ma "occhio per occhio, dente per dente" non è una norma appartenente a quel
dispositivo di legittimazione (nonché di de-legittimazione) chiamata
"ordinamento giuridico". "Occhio per occhio, dente per dente" lo potrebbero dire
- e infatti lo hanno detto - anche i nazisti nei confronti degli ebrei (accusati
di essere la causa della condizione in cui versava la Germania dopo la
distruzione dell'impero tedesco etc.).
Post by Omega
Ragionando in termini di cultura cristiana, avrebbe dovuto bastare
l'uccisione di un solo civile, uno solo, e non come effetto collaterale di
atti di guerra, per decidere la condanna, non solo di Priebke ma di tutta la
gerarchia nazista, per omicidio.
E dommage che non ci fosse da noi la pena di morte proprio per via della
cultura cristiana.
Infine io penso che non è stata affatto una questione di "vae victis" ma una
questione di cattura di criminali comuni. Non una guerra in senso proprio,
ma un'azione di polizia in grande stile contro la peggiore delle mafie.
Forse che i mafiosi di origine nostrana presi negli Usa avevano diritto a un
processo con giudici di Cosa Nostra? Se hai commesso un delitto contro la
mia gente, sarò io a giudicarti.
Il Tribunale Militare Internazionale di Norimberga venne creato per giudicare i
crimini *di cui non era possibile*, o comunque era problematica, la
determinazione della giurisdizione, cioè, in sostanza, l'individuazione
dell'ordinamento giuridico contenente le norme penali incriminatrici che
avrebbero dovuto operare. "mia gente" è una determinazione alquanto ambigua: un
cittadino ungherese di religione ebraica morto in un campo di concentramento
nazista appartiene forse alla "gente ebraica" e dovrebbe dunque essere lo "Stato
ebraico" a giudicare? E come procedere nei confronti di uno sterminio dislocato
in territori che cadono sotto giurisdizioni differenti (tale fu quell'evento
spazio-temporalmente diffuso chiamato "sterminio degli ebrei" o "Shoah")?

Ma a parte questo. Una operazione di polizia presuppone un *ordinamento
giuridico* in grado di *de-legittimare* il soggetto nei confronti del quale
l'operazione viene intrapresa; tanto è vero che la riduzione dei conflitti
bellici ad operazioni di polizia internazionale finalizzate al mantenimento
della pace e dell'ordine pubblico presuppone, appunto, la giuridificazione di un
sistema di regole che in qualche modo inglobi dentro di sé quei centri di
sovranità, chiamati "Stati", i quali non hanno conosciuto da ultimo, *tra* di
loro, che la ragione delle armi (la ragione delle armi essendo in un certo senso
il *vuoto giuridico* esistente da ultimo tra gli atomi statuali). Quale, allora,
l'ordinamento giuridico rispetto al quale i nazisti figuravano come "criminali
comuni"?
Perché si potesse parlare, come si fece a Norimberga 1945-1946, di "crimini" con
tanto di "signori giudici", giudizi e condanne - perché, cioè, l'operato dei
nazisti fosse *de-legittimato* - ci fu bisogno *prima* della istituzione dei
relativi reati; come ho mostrato nelle precedenti risposte, ciò comportò
inevitabilmente una *certa dose* di retroattività delle norme penali
incriminatrici (visto che alcuni dei crimini non esistevano al tempo della
realizzazione delle condotte, e comunque non esisteva la previsione della
responsabilità penale *individuale*), ovvero una certa violazione del principio
di irretroattività delle medesime.
D'altra parte la riduzione del fenomeno del nazismo ad una "mafia" si scontra
con una serie di effetti che provengono tutti dalla connessione che tale
fenomeno realizzò con la sfera pubblica (cioè con lo Stato tedesco, di cui
riempì di sé le strutture politiche). Tra questi effetti, le "indennità di
guerra" che lo *Stato tedesco*, col denaro pubblico, dovette pagare dopo la
IIGM.

Un saluto,

Marco
Omega
2013-10-21 06:44:45 UTC
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"Marco V."
Post by Marco V.
Omega
Post by Omega
...
Infine io penso che non è stata affatto una questione di "vae victis" ma una
questione di cattura di criminali comuni. Non una guerra in senso proprio,
ma un'azione di polizia in grande stile contro la peggiore delle mafie.
Forse che i mafiosi di origine nostrana presi negli Usa avevano diritto a un
processo con giudici di Cosa Nostra? Se hai commesso un delitto contro la
mia gente, sarò io a giudicarti.
Il Tribunale Militare Internazionale di Norimberga venne creato per giudicare i
crimini *di cui non era possibile*, o comunque era problematica, la
determinazione della giurisdizione, cioè, in sostanza, l'individuazione
dell'ordinamento giuridico contenente le norme penali incriminatrici che
avrebbero dovuto operare. "mia gente" è una determinazione alquanto ambigua: un
cittadino ungherese di religione ebraica morto in un campo di
concentramento
nazista appartiene forse alla "gente ebraica" e dovrebbe dunque essere lo "Stato
ebraico" a giudicare? E come procedere nei confronti di uno sterminio dislocato
in territori che cadono sotto giurisdizioni differenti (tale fu quell'evento
spazio-temporalmente diffuso chiamato "sterminio degli ebrei" o "Shoah")?
Ma a parte questo. Una operazione di polizia presuppone un *ordinamento
giuridico* in grado di *de-legittimare* il soggetto nei confronti del quale
l'operazione viene intrapresa; tanto è vero che la riduzione dei conflitti
bellici ad operazioni di polizia internazionale finalizzate al
mantenimento
della pace e dell'ordine pubblico presuppone, appunto, la giuridificazione di un
sistema di regole che in qualche modo inglobi dentro di sé quei centri di
sovranità, chiamati "Stati", i quali non hanno conosciuto da ultimo, *tra* di
loro, che la ragione delle armi (la ragione delle armi essendo in un certo senso
il *vuoto giuridico* esistente da ultimo tra gli atomi statuali). Quale, allora,
l'ordinamento giuridico rispetto al quale i nazisti figuravano come "criminali
comuni"?
Perché si potesse parlare, come si fece a Norimberga 1945-1946, di "crimini" con
tanto di "signori giudici", giudizi e condanne - perché, cioè, l'operato dei
nazisti fosse *de-legittimato* - ci fu bisogno *prima* della istituzione dei
relativi reati; come ho mostrato nelle precedenti risposte, ciò comportò
inevitabilmente una *certa dose* di retroattività delle norme penali
incriminatrici (visto che alcuni dei crimini non esistevano al tempo della
realizzazione delle condotte, e comunque non esisteva la previsione della
responsabilità penale *individuale*), ovvero una certa violazione del principio
di irretroattività delle medesime.
D'altra parte la riduzione del fenomeno del nazismo ad una "mafia" si scontra
con una serie di effetti che provengono tutti dalla connessione che tale
fenomeno realizzò con la sfera pubblica (cioè con lo Stato tedesco, di cui
riempì di sé le strutture politiche). Tra questi effetti, le "indennità di
guerra" che lo *Stato tedesco*, col denaro pubblico, dovette pagare dopo la
IIGM.
Bene, stanti simili difficoltà giuridiche - da cui non si uscirebbe
discutendone per un millennio, - resta una sola cosa da fare:

vae victis.

Altrimenti a che è servito entrare in guerra, se non è possibile fare
giustizia dell'accaduto (che solo un balordo da playstation come Odifreddi
può mettere in dubbio)?
Detto in altro modo: il processo di Norimberga è stato un *atto di guerra*
contro, ripeto, la mafia nazista.

Vuoi che giustifichi il termine 'mafia' che ho attribuito al nazismo? ma che
attribuisco a *tutte* le dittature. Ecco la giustificazione: una dittatura,
con tutti gli orrori che sempre comporta una dittatura, in particolare
processi fasulli, espropri e deportazione degli avversari politici ecc. ecc.
ecc. - puoi continuare da te tutti gli orrori di tutte le dittature di
questo mondo, fra le quali quella nazista la meglio organizzata per via
dello spirito tedesco, ma che alla radice "politica" non è stata meglio
delle dittature delle repubbliche delle banane o di quelle islamiche tipo
talebani, o delle mafie tipo al-quaeda, - una dittatura, dicevo, non
rispetta alcuna regola e ha la pura violenza, il terrore, come arma di
dominio. Ecco perché è una mafia di fatto e anche di diritto.

Battendosi contro questo tipo di forze che non rispettano alcuna regola
comune, non si può fare come i bobbies londinesi, disarmati e compiacenti, e
tali forze non si possono lasciar difendere, quando vengono battute, da
avvocati che girano le cose in modo che le colpe siano giustificate,
minimizzate ecc. cercando di cancellare la dimensione responsabilità
("eseguivano degli ordini" e palle simili).

Occorre quindi la durezza di un giudizio tipo vecchio testamento.

E non dirmi che i nazisti giudicando i mercanti ebrei, che prosperavano
malgrado la gravità della crisi economica tedesca (grazie alla loro forza
finanziaria e compattezza economica internazionale, non essendo affatto
isolati come la Germania in cui vivevano: non erano loro ad aver perso
catastroficamente la IGM), non dirmi, dicevo, che i nazisti erano nel
diritto di trattare la comunità ebraica tedesca, anzi internazionale, come
una mafia confrontabile con il nazismo stesso! I tedeschi potevano farnsene
un alibi fasullo per se stessi, mentendo per la gola, allo scopo di
espropriare la comunità ebraica, ma mai avrebbero potuto dimostrare che tale
comunità fosse una mafia responsabile della crisi economica tedesca. Mai !
Ecco che invece hanno ***deciso*** di giudicarla come tale e di erigersi a
giudici di ben altra Norimberga, con 6 milioni di condanne a morte.
Esattamente come Cosa Nostra fa con gli imprenditori che la combattono (ma
ovviamente non c'è confronto nelle dimensioni).

No, non puoi mettere i "tribunali" della Germania degli Hitler e dei Goering
sul piano del tribunale di Norimberga istituito contro di loro.
Nossignore, con simili mafiosi senza scrupoli vale solo la corte marziale
del vincitore. E a me dispiace che non sia stata a tutti gli effetti una
vera corte marziale, dove solo dei soldati fossero posti a giudicare quelli
che si spacciavano da soldati con elegantissime divise mentre erano solo i
peggiori serial killer della storia.

Saluti
Omega
Marco V.
2013-10-25 18:30:50 UTC
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Post by Omega
Bene, stanti simili difficoltà giuridiche - da cui non si uscirebbe
vae victis.
Altrimenti a che è servito entrare in guerra, se non è possibile fare
giustizia dell'accaduto (che solo un balordo da playstation come Odifreddi
può mettere in dubbio)?
Detto in altro modo: il processo di Norimberga è stato un *atto di guerra*
contro, ripeto, la mafia nazista.
Vuoi che giustifichi il termine 'mafia' che ho attribuito al nazismo? ma che
attribuisco a *tutte* le dittature. Ecco la giustificazione: [...]
Ma se diciamo "vae victis!" (col punto esclamativo, cioè esprimendo un enunciato
non dichiarativo e, come tale, non suscettibile dell'alternativa vero/falso),
perché poi sentiamo il bisogno di istituire lo spazio logico della
giustificazione (spazio nel quale dovranno comparire enunciati dichiarativi)? E,
soprattutto, questo spazio logico che deve accogliere gli enunciati della
giustificazione, riesce veramente a costituirsi? oppure (chiamiamolo "S") quello
che accade è, semplicemente, che il "vae victis!" di partenza diventa un "vae
victis [S]!" e che, dunque, tutto si risolve in una "esclamazione"?
Post by Omega
una dittatura,
con tutti gli orrori che sempre comporta una dittatura, in particolare
processi fasulli, espropri e deportazione degli avversari politici ecc. ecc.
ecc. - puoi continuare da te tutti gli orrori di tutte le dittature di
questo mondo, fra le quali quella nazista la meglio organizzata per via
dello spirito tedesco, ma che alla radice "politica" non è stata meglio
delle dittature delle repubbliche delle banane o di quelle islamiche tipo
talebani, o delle mafie tipo al-quaeda, - una dittatura, dicevo, non
rispetta alcuna regola e ha la pura violenza, il terrore, come arma di
dominio. Ecco perché è una mafia di fatto e anche di diritto.
Non sono d'accordo sul giudizio di "mafia", perché, in generale, non sono
d'accordo nell'assumere l'equivalenza tra "dittatura" e "mafia" tout court. E
questo perché, in generale, il termine "dittatura" (che ci proviene da quei
maestri della politica *repubblicana* che furono i romani) indica innanzitutto
una concentrazione del potere politico-decisionale ed è innanzitutto a tale
determinazione che dobbiamo attenerci. Purtroppo - e dico *purtroppo* - il
nazismo mi appare, piuttosto, come il tentativo di risolvere brutalmente il
problema politico tedesco attraverso una operazione che nel linguaggio di
Machiavelli si può chiamare "ricorso allo straordinario", la quale operazione si
è spudoratamente servita di una strategia di rigenerazione del corpo politico-
sociale (*ovvero*, che qui è lo stesso, tale operazione si è figurata
l'esistenza di un corpo politico-sociale da "rigenerare" - e da rigenerarlo a
tal punto da tentare di ricondurre il popolo tedesco ad una presente origine
pagana, cioè non-cristiana). E', a mio avviso, proprio perché il nazismo fu un
fenomeno essenzialmente politico, che la politica europea non poteva non uscire,
dall'esperienza nazista, indelebilmente segnata, a tal punto che il sacrosanto
"non dimenticare" qualche volta fa dimenticare alla politica europea di essere,
appunto, politica.
Post by Omega
No, non puoi mettere i "tribunali" della Germania degli Hitler e dei Goering
sul piano del tribunale di Norimberga istituito contro di loro.
Infatti non mi sono mai sognato di volerlo fare, ritenendo che sussistano
ragioni filosoficamente valide per *non* aderire ad un assoluto "positivismo
della forza" secondo cui "la giustizia è l'utile del più forte" (così,
immortalmente, Trasimaco nella "Repubblica" di Platone). Ma so bene che per
evitare l'assimilazione del Tribunale Internazionale di Norimberga ai tribunali
di Hitler e soci, occorre evitare che i "punti esclamativi" risucchino tutti i
contenuti tramite cui cerchiamo di istituire la differenza.

Un saluto,

Marco
Omega
2013-10-25 23:09:38 UTC
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"Marco V."
Post by Marco V.
Omega
Post by Omega
...
Vuoi che giustifichi il termine 'mafia' che ho attribuito al nazismo? ma
che attribuisco a *tutte* le dittature. Ecco la giustificazione: [...]
Ma se diciamo "vae victis!" (col punto esclamativo, cioè esprimendo un
enunciato non dichiarativo e, come tale, non suscettibile dell'alternativa
vero/falso), perché poi sentiamo il bisogno di istituire lo spazio logico
della
giustificazione (spazio nel quale dovranno comparire enunciati
dichiarativi)?
Lo avevo già spiegato in precedenza, dicendo che si è trattato di una guerra
anomala, più simile a un'azione di polizia internazionale che a una guerra
nel significato tradizionale del termine, assai simile, anche se su scala
diversa, alla "guerra" che si conduce oggi contro al-quaeda, i cui fini, per
inciso, non sono molto diversi da quelli del nazismo.
Di questo aspetto non si parla mai, perciò lo avevo premesso al mio punto di
vista su Norimberga.
A te sembra, per esempio che le bombe su Londra - sui civili - e gli aerei
sulle torri genelle a Nw-York fossero imprese di natura diversa?
E pensi che la condanna di goering e di bin-laden avessero ragioni diverse?
Io credo di no. E mi sembra giusto precisarlo, visto che non lo ho mai
sentito fare.
Post by Marco V.
E,
soprattutto, questo spazio logico che deve accogliere gli enunciati della
giustificazione, riesce veramente a costituirsi? oppure (chiamiamolo "S")
quello che accade è, semplicemente, che il "vae victis!" di partenza
diventa un
"vae victis [S]!" e che, dunque, tutto si risolve in una "esclamazione"?
Non mi pare che si risolva in una esclamazione: altro è il vae victis fra
guerrieri e altro il vae victis fra la polizia e i criminali.
O forse Odifreddi ci suggestiona a smettere di chiamare "criminali nazisti"
i criminali nazisti?
Sono stati o non sono stati criminali?
E se sono stati criminali, allora quello di Norimberga fu un tribunale in
senso proprio.
Nella precedente guerra persa, la Germania era stata punita addebitandole
debiti di guerra catastrofici, ma non è stato istituito un tribunale
internazionale contro i suoi governanti.

Insisto che non dobbiamo dimenticare la radice criminale del nazifascismo,
caratterizzato dalla violenza e dalla prevaricazione.
A te sembra un atto di guerra rastrellare i civili ebrei nelle città per
sterminarli? A me non sembra affatto un atto di guerra, ma un crimine. E
come tale andava giudicato e perseguito - e sono cadute fin troppo poche
teste.
Post by Marco V.
Post by Omega
...
Non sono d'accordo sul giudizio di "mafia", perché, in generale, non sono
d'accordo nell'assumere l'equivalenza tra "dittatura" e "mafia" tout
court. E questo perché, in generale, il termine "dittatura" (che ci
proviene da
quei maestri della politica *repubblicana* che furono i romani) indica
innanzitutto una concentrazione del potere politico-decisionale ed è
innanzitutto a
tale determinazione che dobbiamo attenerci.
Ho specificato, credo chiaramente e con molti esempi, che cosa ho inteso per
'dittatura'.
Non credo nella doppia implicazione fra concentrazione di poteri e
dittatura.
Dittatura non è banalmente una forma di governo alternativa ad altre.
La sua caratterizzazione non è la concentrazione dei poteri, ma l'uso
sistematico di violenza e prevaricazione da parte di un gruppo più o meno
ampio sul resto di una popolazione.
Dittatura può essere un regno, un impero, una repubblica quando compare un
gruppo violento che si fa titolare del regno, dell'impero, della repubblica.

Dittatura è quando ***una parte***, mediante violenza e prevaricazione,
prende il potere. Che poi abbia un capo - spesso solo un burattino, una
testa di legno di tale parte - non cambia la sua natura.
La concentrazione dei poteri è spesso solo apparenza, ecco perché attenersi
a quella determinazione può essere molto deviante.
In Germania, la *parte* che prese il potere e delegò certi personaggi, fu un
potere politico-decisionale "concentrato"? Delegato sì, non concentrato.
Sarebbe come dire che l'inettitudine dei nostri governanti è la loro
inettitudine personale, ossia "concentrata", mentre non è vero: essi non
fanno altro che rappresentare lo "spirito" di una stragrande maggioranza.

Purtroppo - e dico *purtroppo* - il
Post by Marco V.
nazismo mi appare, piuttosto, come il tentativo di risolvere brutalmente il
problema politico tedesco attraverso una operazione che nel linguaggio di
Machiavelli si può chiamare "ricorso allo straordinario", la quale operazione si
è spudoratamente servita di una strategia di rigenerazione del corpo
politico-sociale (*ovvero*, che qui è lo stesso, tale operazione si è
figurata
l'esistenza di un corpo politico-sociale da "rigenerare" - e da
rigenerarlo a tal punto da tentare di ricondurre il popolo tedesco ad una
presente
origine pagana, cioè non-cristiana).
La sola giustificazione fu il fardello dei debiti di guerra, che mise la
Germania in ginocchio.
Il rifugio nel paganesimo fu a sua volta una risposta, più che altro
psicologica, ai vincitori della "grande guerra", che erano appunto tutti
"cristiani".
Il torto del popolo tedesco, nel suo forte risentimento per lo stato
intollerabile di miseria in cui era stato ridotto, fu mettere tale
risentimento nelle mani di autentici banditi (a tutti i livelli, non solo ai
piani alti: gli stessi portieri degli stabili erano persecutori), proprio
come il risentimento dei popoli arabi per la loro arretratezza - causata
dalla loro ideologia - ha fatto (ad alcuni di) loro decidere di mettere quel
risentimento in mano ad al-quaeda.

Politica?
Certo: tutto è politica. Termine onnicomprensivo, dagli accordi fra le parti
e fra gli stati fino alla violenza fra le parti e l'aggressione agli stati.
Termine troppo "largo" per avere, da sé, un significato soddisfacente.
Post by Marco V.
E', a mio avviso, proprio perché il nazismo fu un
fenomeno essenzialmente politico, che la politica europea non poteva non
uscire, dall'esperienza nazista, indelebilmente segnata, a tal punto che
il
sacrosanto "non dimenticare" qualche volta fa dimenticare alla politica
europea di
essere, appunto, politica.
Ripeto, il termine 'politica' mi sembra che tu lo intenda in modo troppo
ampio.
La "politica" europea ha proibito a se stessa di lasciar riemergere ogni
traccia del nazismo per una ragione molto semplice: il senso di colpa.
L'inettitudine politica a cui si è condannata ha, a mio parere, una ragione
precisa: senza l'acquiescenza europea a ciò che accadeva in Germania, cioè
il suo non voler vedere che cosa aveva fatto su quel treno a Compiègne, il
nazifascismo verosimilmente non sarebbe nato. La prova è che nel 1940 Hitler
volle che l'armistizio con la Francia fosse firmato nello stesso vagone
ferroviario nella stessa Compiègne. Questi sono segni che non andrebbero
ignorati.
L'Europa intera fu responsabile delle ***sue*** deviazioni ***interne***
come il nazismo e il fascismo: ne sono state responsabili le interminabili
diatribe e gelosie fra gli stati, di cui *tutti* gli stati erano
responsabili.
Ecco perché l'Europa dimentica il dovere di darsi una politica: perché sa di
averla sbagliata alla grande per oltre un secolo - mentre l'America
cresceva, infatti, l'Europa continuava nelle sue beghe e rivalse, creando al
suo interno quello spirito piccino, provinciale e stantio in cui sono nati
nazismo e fascismo. E non ne è uscita tuttora.
L'inettitudine politica non è solo italiana.
Post by Marco V.
Post by Omega
No, non puoi mettere i "tribunali" della Germania degli Hitler e dei
Goering sul piano del tribunale di Norimberga istituito contro di loro.
Infatti non mi sono mai sognato di volerlo fare, ritenendo che sussistano
ragioni filosoficamente valide per *non* aderire ad un assoluto "positivismo
della forza" secondo cui "la giustizia è l'utile del più forte" (così,
immortalmente, Trasimaco nella "Repubblica" di Platone).
Non considero Platone come un maestro, tantomeno nella Repubblica.
Post by Marco V.
Ma so bene che per
evitare l'assimilazione del Tribunale Internazionale di Norimberga ai
tribunali di Hitler e soci, occorre evitare che i "punti esclamativi"
risucchino
tutti i contenuti tramite cui cerchiamo di istituire la differenza.
Il punto esclamativo non ce lo abbiamo messo noi, ma ce lo hanno messo gli
americani (che avevano sullo stomaco anche Pearl Harbour) e in parte gli
inglesi. Gli altri, in particolare i francesi, era solo meglio che stessero
zitti.

Un saluto
Omega
Marco V.
2013-10-27 18:33:51 UTC
Permalink
Post by Omega
Lo avevo già spiegato in precedenza, dicendo che si è trattato di una guerra
anomala, più simile a un'azione di polizia internazionale che a una guerra
nel significato tradizionale del termine, assai simile, anche se su scala
diversa, alla "guerra" che si conduce oggi contro al-quaeda, i cui fini, per
inciso, non sono molto diversi da quelli del nazismo.
Di questo aspetto non si parla mai, perciò lo avevo premesso al mio punto di
vista su Norimberga.
A te sembra, per esempio che le bombe su Londra - sui civili - e gli aerei
sulle torri genelle a Nw-York fossero imprese di natura diversa?
E pensi che la condanna di goering e di bin-laden avessero ragioni diverse?
Io credo di no. E mi sembra giusto precisarlo, visto che non lo ho mai
sentito fare.
[...]
Non mi pare che si risolva in una esclamazione: altro è il vae victis fra
guerrieri e altro il vae victis fra la polizia e i criminali.
O forse Odifreddi ci suggestiona a smettere di chiamare "criminali nazisti"
i criminali nazisti?
Sono stati o non sono stati criminali?
E se sono stati criminali, allora quello di Norimberga fu un tribunale in
senso proprio.
[...]
Insisto che non dobbiamo dimenticare la radice criminale del nazifascismo,
caratterizzato dalla violenza e dalla prevaricazione.
A te sembra un atto di guerra rastrellare i civili ebrei nelle città per
sterminarli? A me non sembra affatto un atto di guerra, ma un crimine. E
come tale andava giudicato e perseguito - e sono cadute fin troppo poche
teste.
Tra "guerra" ed "operazioni di polizia internazionale" corre una differenza
fondamentale - esattamente, quella consistente nel fatto che le operazioni di
polizia internazionale, per potersi costituire come tali, richiedono un
***criterio di de-legittimazione*** (il quale discenderà da un ordinamento
giuridico). E allora, se tu mi domandi "sono stati o non sono stati criminali?"
io ti domando: "ci fu o non ci fu una *guerra* contro lo *Stato tedesco*?" Se
una cosa è una guerra, allora questa cosa, nella misura in cui è una guerra, non
è una operazione di polizia internazionale.
Questo ovviamente *non* ci impedisce di riconoscere la radice criminale di
operazioni quali quella di rastrellamento degli ebrei.
Post by Omega
Nella precedente guerra persa, la Germania era stata punita addebitandole
debiti di guerra catastrofici, ma non è stato istituito un tribunale
internazionale contro i suoi governanti.
Come non lo fu per i bombardamenti su Dresda e per quelli (atomici) su Hiroshima
e Nagasaki (come ricordavo nel thread sul "caso Priebke", la bomba su Hiroshima
cadde il giorno immediatamente successivo a quello dell'atto costitutivo del
Tribunale Militare Internazionale di Norimberga, il quale tribunale incriminò e
poi punì i dirigenti nazisti).
Post by Omega
Ho specificato, credo chiaramente e con molti esempi, che cosa ho inteso per
'dittatura'.
Non credo nella doppia implicazione fra concentrazione di poteri e
dittatura.
[...]
Ma non bisogna dimenticare, come accennavo, che la "dittattura" nella Roma
repubblicana era esattamente un istituto politico (il cui esercizio era
saggiamente limitato nel tempo) che consentiva *alla repubblica* di dotarsi di
una estrema concentrazione di poteri decisionali al fine di liquidare, in
momenti (giudicati) particolarmente difficili per la sopravvivenza dello Stato,
le aporie procedurali della decisione politica repubblicana (che è
costitutivamente caratterizzata da quella lentezza procedurale che Machiavelli
chiamava "moto tardo"). Mi sto riferendo, dunque, a quella che Carl Schmitt
chiamò "dittatura commissaria" - quella concentrazione di poteri, cioè, prevista
in qualche modo dall'ordinamento costituzionale stesso, alla cui protezione essa
è completamente funzionale. Tu, invece, stai parlando della "dittatura sovrana"
- ovvero, della assunzione del potere sovrano al di fuori dell'ordinamento
positivamente esistente.

Non vale la pena mettersi a discutere se Hitler, il cui potere si resse
formalmente sulla costituzione di Weimar, fu un dittatore "commissario" o
"sovrano". Vale invece secondo me la pena sottolineare che le incriminazioni del
Tribunale di Norimberga costituirono inevitabilmente un *momento di crisi* nel
dispositivo concettuale di "sovranità statuale" che fino a quel momento aveva
completamente dominato la sostanza politica europea (e cioè mondiale). Da ciò
non discende automaticamente l'"illegittimità" del Tribunale di Norimberga -
anche perché non è logicamente escludibile (sfido chiunque a dimostrarlo) che la
sostanza politica (la politicità, potremmo dire, quale proprietà che
contraddistingue, quasi con forza definitoria, l'essere umano) debba
necessariamente organizzarsi secondo il modello della "sovranità statuale".
Discende *invece*, a mio avviso, l'obbligo intellettuale di cercare di
inquadrare concettualmente l'intera vicenda del nazismo (per come nacque e per
come finì e venne giudicata). Ecco, secondo me per poter adempiere quest'obbligo
intellettuale bisogna cercare di mettere da parte l'immagine (che pure riveste
una sua utilità) di una divisione degli Stati che furono coinvolti nella IIGM in
Stati buoni e Stati cattivi. Bisogna farlo, *proprio* perché Norimberga 1945-
1946 fu la crisi stessa della "sovranità statuale". E, *beninteso*, fu una crisi
*necessaria*, perché quando si rastrellano milioni di esseri umani *attraverso
le tipiche procedure della razionalità statuale* (gerarchie, ordini, carta
bollata etc.), allora qualcosa è successo. Ripeto pertanto il mio giudizio:
Norimberga 1945-1946 non è riducibile ad un giudizio sopraggiunto sui "cattivi",
ma è momento (assieme al totalitarismo nazista) della crisi della razionalità
statuale: quella razionalità che per secoli aveva organizzato la politicità
europea.
Post by Omega
Il rifugio nel paganesimo fu a sua volta una risposta, più che altro
psicologica, ai vincitori della "grande guerra", che erano appunto tutti
"cristiani".
Ma non era stra-cristiana anche la Germania indebitata? Secondo me si può
spiegare il "rifugio nel paganesimo" rimanendo nell'ambito della categorie
politiche, senza finire nella psicologia:-). I nazisti volevano, ossessivamente,
"risanare". E che significa "risanare" per la politica? Significa rendere
daccapo la collettività capace di perseguire le sue finalità all'interno, e
attraverso, l'insieme degli individui in cui essa è scomponibile.
Post by Omega
Non considero Platone come un maestro, tantomeno nella Repubblica.
Parlavo della tesi "positivistica" (giustizia=utile del più forte) che Platone
mette a bella posta in bocca a Trasimaco affinché poi Socrate, con un grandioso
sommovimento concettuale, la confuti. Mi pare che Platone-Trasimaco abbia
formulato quella tesi una volta per tutte (grazie, ovviamente, ai sofisti che
l'avevano realmente concepita, e di cui non ci rimangono che frammenti, ben
prima di Platone).

Un saluto,

Marco
Marco V.
2013-10-28 05:32:01 UTC
Permalink
Post by Marco V.
[...]
anche perché non è logicamente escludibile (sfido chiunque a dimostrarlo) che la
sostanza politica (la politicità, potremmo dire, quale proprietà che
contraddistingue, quasi con forza definitoria, l'essere umano) debba
necessariamente organizzarsi secondo il modello della "sovranità statuale".
Leggi: anche perché non è logicamente escludibile[...]che la sostanza
politica[...]possa organizzarsi secondo un modello alternativo a quello della
"sovranità statuale".

Marco
Omega
2013-10-28 09:02:17 UTC
Permalink
"Marco V."
Post by Marco V.
Omega
Post by Omega
Lo avevo già spiegato in precedenza, dicendo che si è trattato di una guerra
anomala, più simile a un'azione di polizia internazionale che a una guerra
nel significato tradizionale del termine, assai simile, anche se su scala
diversa, alla "guerra" che si conduce oggi contro al-quaeda, i cui fini, per
inciso, non sono molto diversi da quelli del nazismo.
Di questo aspetto non si parla mai, perciò lo avevo premesso al mio punto di
vista su Norimberga.
A te sembra, per esempio che le bombe su Londra - sui civili - e gli aerei
sulle torri gemelle a New-York fossero imprese di natura diversa?
E naturalmente aggiungo Pearl-Harbour
Post by Marco V.
Post by Omega
...
Tra "guerra" ed "operazioni di polizia internazionale" corre una differenza
fondamentale - esattamente, quella consistente nel fatto che le operazioni di
polizia internazionale, per potersi costituire come tali, richiedono un
***criterio di de-legittimazione*** (il quale discenderà da un ordinamento
giuridico).
Se si fosse aspettato questo, l'America non sarebbe mai entrata in guerra.
Invece bastò la richiesta d'aiuto di un alleato, l'Inghilterra.
La de-legittimazione la Germania nazista se l'è costruita da sé.
E se c'è stata acquiescenza è stato proprio per via dei vizi politici
europei (Urss inclusa), di lasciar fare riservandosi di fare altrettanto con
altri territori, colonie o meno.
Post by Marco V.
E allora, se tu mi domandi "sono stati o non sono stati criminali?"
io ti domando: "ci fu o non ci fu una *guerra* contro lo *Stato tedesco*?"
Sì, come c'è contro al-quaeda, benché questa non sia uno stato.
Quando un comportamento criminale è di un intero stato, allora l'azione
contro tale stato assume ovviamente il nome di 'guerra', anche se non lo è
in senso proprio.
Infatti altro è per esempio una guerra di successione o per ragioni
territoriali a cui l'Europa era abituata da secoli, altro una "guerra"
contro uno stato *palesemente* criminale.
L'invasione della Polonia e poi dell'Austria avevano ragioni di successione
o territoriali? No, pura aggressione senza alcuna giustificazione, cioè un
atto criminale.
E la "guerra" al popolo ebraico aveva forse ragioni di successione o
territoriali? No, un atto criminale.
E, ripeto, se qualcuno avesse aspettato per esempio che la Società delle
Nazioni muovesse un dito al riguardo, saremmo ancora qui ad aspettare.
Post by Marco V.
Se una cosa è una guerra, allora questa cosa, nella misura in cui è una
guerra, non è una operazione di polizia internazionale.
La distinzione è soggetta a troppe condizioni per essere posta come
assoluta.
Se a San Marino convergesse l'intera "dirigenza" della mafia italiana e il
governo di San Marino negasse allo stato italiano l'estradizione, e la mafia
da lì continuasse a guidare la delinquenza in tutta Italia, allora San
Marino sarebbe apertamente complice della mafia, e lo stato italiano,
dichiarando "guerra" a San Marino, in realtà starebbe compiendo
un'operazione di "polizia internazionale".
Post by Marco V.
Questo ovviamente *non* ci impedisce di riconoscere la radice criminale di
operazioni quali quella di rastrellamento degli ebrei.
Ci mancherebbe che un cavillo simile lo potesse!
Post by Marco V.
Post by Omega
Nella precedente guerra persa, la Germania era stata punita addebitandole
debiti di guerra catastrofici, ma non è stato istituito un tribunale
internazionale contro i suoi governanti.
Come non lo fu per i bombardamenti su Dresda e per quelli (atomici) su
Hiroshima e Nagasaki
Certo. Furono atti di guerra: infatti conclusero la guerra fra Alleati e
Germania, e fra Usa e Giappone.
Aggiungo di nuovo che anche la guerra nel Pacifico ebbe inizio con un atto
di pura delinquenza: l'attacco a Pearl Harbour in tempo di pace (la
dichiarazione di guerra da parte del Giappone seguì e non precedette Pearl
Harbour).
Post by Marco V.
...Mi sto riferendo, dunque, a quella che Carl Schmitt
chiamò "dittatura commissaria" - quella concentrazione di poteri, cioè,
prevista in qualche modo dall'ordinamento costituzionale stesso, alla cui
protezione essa è completamente funzionale.
Certo, il caso Churchill, mandarto in pensione subito dopo la guerra, fu di
questo tipo.
Ci sono decisioni, dice Cartesio, che non ammettono rinvii. A ciò segue
ovviamente una morale provvisoria, legata all'emergenza.
Post by Marco V.
Tu, invece, stai parlando della "dittatura sovrana"
- ovvero, della assunzione del potere sovrano al di fuori dell'ordinamento
positivamente esistente.
O al di sopra, quando cioè l'ordinamento esistente sussiste, ma solo con il
ruolo di facciata (specie nei rapporti internazionali).
Post by Marco V.
Non vale la pena mettersi a discutere se Hitler, il cui potere si resse
formalmente sulla costituzione di Weimar, fu un dittatore "commissario" o
"sovrano".
Non mi risulta che ci siano atti che lo delegavano a commissariare la
Germania.
Il suo seguito e il suo potere glieli hanno forniti i tedeschi senza atti
ufficiali, grazie a una capillare e insistente opera di propaganda.
Post by Marco V.
Vale invece secondo me la pena sottolineare che le incriminazioni del
Tribunale di Norimberga costituirono inevitabilmente un *momento di crisi*
nel dispositivo concettuale di "sovranità statuale" che fino a quel
momento
aveva completamente dominato la sostanza politica europea (e cioè
mondiale).
Secondo me era già fortemente in crisi negli Usa e in Urss, infatti costoro
fecero molta fatica a non considerare l'Europa come un'unità, seppure
malamente unita dai suoi vecchi vizi - che sussistono tuttora e tuttora ne
costituiscono la crisi.
Il fatto che l'Europa - che ne aveva fatte di tutti i colori anche solo
nelle colonie - vivesse ancora nell'illusione di una sovranità statuale
assoluta, era semmai un problema (o un alibi) solo suo, non dei veri
vincitori quali Usa e Urss, a cui va aggiunta la comunità ebraica, che era
ed è internazionale per sua natura e vocazione (va ricordato che gli ebrei
erano stati perseguitati in tutta l'Europa "cattolica", non solo in
Germania, e che la vittoria nella IIGM fu una loro vittoria dopo secoli di
persecuzioni; non fu solo una questione di costituzione dello stato di
Israele).
La "sovranità statuale" in Europa insomma era solo sulla carta, e un fiacco
alibi per i gerarchi nazisti dopo il disastro della guerra e le relative
cattive coscienze: non c'era un solo stato che sapesse realmente chi
governava, chi era legittimo e chi più o meno sospetto di collaborazionismo,
e anche con le resistenze dei diversi paesi a chiedere potere - più o meno
onestamente.
Post by Marco V.
Da ciò
non discende automaticamente l'"illegittimità" del Tribunale di Norimberga -
anche perché non è logicamente escludibile (sfido chiunque a dimostrarlo)
che la sostanza politica (la politicità, potremmo dire, quale proprietà
che
contraddistingue, quasi con forza definitoria, l'essere umano) debba
necessariamente organizzarsi secondo il modello della "sovranità statuale".
Appunto. Questa si riconosce come convenzione fra gli stati, non esistendo
autorità superiore. Perciò sono nate la Società delle Nazioni prima e l'Onu
poi, ma con quale potere ? Quello degli stati dominanti. Dunque una mera
illusione.
Post by Marco V.
Discende *invece*, a mio avviso, l'obbligo intellettuale di cercare di
inquadrare concettualmente l'intera vicenda del nazismo (per come nacque e per
come finì e venne giudicata). Ecco, secondo me per poter adempiere quest'obbligo
intellettuale bisogna cercare di mettere da parte l'immagine (che pure riveste
una sua utilità) di una divisione degli Stati che furono coinvolti nella IIGM in
Stati buoni e Stati cattivi.
Ma fra stati aggressori e stati aggrediti la distinzione deve essere fatta.
Poi puoi decidere di non chiamarli 'cattivi' e 'buoni', ma è zuppa e pan
bagnato.
Post by Marco V.
Bisogna farlo, *proprio* perché Norimberga1945-
1946 fu la crisi stessa della "sovranità statuale". E, *beninteso*, fu una
crisi *necessaria*, perché quando si rastrellano milioni di esseri umani
*attraverso le tipiche procedure della razionalità statuale* (gerarchie,
ordini, carta
bollata etc.), allora qualcosa è successo. Ripeto pertanto il mio
giudizio: Norimberga 1945-1946 non è riducibile ad un giudizio
sopraggiunto sui
"cattivi", ma è momento (assieme al totalitarismo nazista) della crisi
della
razionalità statuale: quella razionalità che per secoli aveva organizzato
la
politicità europea.
Stai parlando dell'ipocrisia europea, che in secoli di guerre la
"razionalità statuale" se l'era messa bellamente sotto i piedi, nell'ansia
di ricorstituire in qualche modo l'impero, operazione fallita alla Francia
della rivoluzione e di Napoleone e che Hitler ha di nuovo tentato dopo il
fallimento anche dell'impero austro-ungarico con la Grande Guerra.
Dov'è stata la "razionalità statuale" in un secolo e mezzo di tentativi di
far fuori gli stati con la forza a vantaggio della mitteleuropa (intesa come
Francia e Germania, nemiche di sempre ed entrembe aspiranti all'impero da
sempre)? E non è forse ancora in corso questa azione di svuotamento delle
razionalità (anzi identità) statuali, per esempio con l'imporre un rigore
economico-finanziario che certi stati (come noi, la Spagna, la Grecia ecc.)
non possono reggere?
Post by Marco V.
Post by Omega
Il rifugio nel paganesimo fu a sua volta una risposta, più che altro
psicologica, ai vincitori della "grande guerra", che erano appunto tutti
"cristiani".
Ma non era stra-cristiana anche la Germania indebitata? Secondo me si può
spiegare il "rifugio nel paganesimo" rimanendo nell'ambito della categorie
politiche, senza finire nella psicologia:-). I nazisti volevano, ossessivamente,
"risanare".
Guarda che la propaganda, per definizione, è sul versante psicologico della
politica.
Il paganesimo veniva infatti dalla gerarchia nazista, non certo dalla
Germania luterana e cioè cristiana; una volontà di isolamento prima di tutto
proprio sul piano psicologico.
Post by Marco V.
E che significa "risanare" per la politica? Significa rendere
daccapo la collettività capace di perseguire le sue finalità all'interno,
e attraverso, l'insieme degli individui in cui essa è scomponibile.
Significa cercare di eccitare l'opinione pubblica cercando di darle un
orgoglio e un senso di dignità che evidentemente non ha o non ha più. Allora
inventare qualche supermen non costa niente ma ha un grande fascino specie
sui giovani, e questa è stata proprio un'azione di carattere psicologico di
quel regime, insieme all'ostentazione di potenza, le parate oceaniche, i
vessilli romani (ecco di nuovo l'aspirazione all'impero), le divise ben
studiate sull'aspetto virilmente elegante ecc. ecc.
Il nazismo, in altre parole, fece una grande operazione di marketing.
Post by Marco V.
Parlavo della tesi "positivistica" (giustizia=utile del più forte) che
Platone mette a bella posta in bocca a Trasimaco affinché poi Socrate, con
un
grandioso sommovimento concettuale, la confuti. Mi pare che
Platone-Trasimaco abbia
formulato quella tesi una volta per tutte (grazie, ovviamente, ai sofisti che
l'avevano realmente concepita, e di cui non ci rimangono che frammenti,
ben prima di Platone).
La giustizia è l'utile del più forte in regimi appunto come quello nazista o
come quello sovietico. anzi in genere nelle dittature come io le ho intese.
Ma a ben vedere sono *sempre* gli stati, tutti, a mettersi la toga di
giudici.
Socrate avrà dunque pur avuto ragione nel contestare Trasimaco, ma penso che
a quel tempo fossero più le dittature che gli stati liberi (al loro
interno), per cui penso avessero ragione entrambi, Trasimaco e Socrate, a
seconda dei contesti.
Anzi penso che Trasimaco fosse più realista di Socrate, che in sostanza
disegnava uno stato ideale, cioè un'utopia. Socrate definisce infatti la
giustizia una tecné, e fa riferimento ai giusti. Ecco perché è poco
realistico. Peggio perché *riduce* la giustizia a una tecné, che paragona a
quella del pilota di imbarcazioni e a quella del medico. Molto ma molto
discutibile, perché è come confondere i codici/convenzioni - sempre
interpretabili a seconda appunto dei contesti - con la giustizia; inoltre
l'ingiustizia non è né una malattia nè un errore di rotta, ma qualcosa di
ben più complesso nel contesto - appunto - in cui si verifica, contesto dal
quale soltanto trae il suo signiicato di ingiustizia.

Un saluto
Omega

Massimo 456b
2013-10-18 07:28:47 UTC
Permalink
"Loris Dalla Rosa"
"la storia la scrivono i vincitori" e "vae victis!".
Ma le due espressioni concettualmente si equivalgono?
direi che i guai per i vinti
inizino ben prima che
la storia sia scritta dai vincitori.

ciao
Massimo
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